Un istituto ambientalista americano, il Blacksmith Institute, ha stilato una classifica delle città più inquinate del pianeta. Nei primi dieci posti, a sorpresa, non figura nessuna metropoli occidentale, ma tutte città di Paesi del terzo mondo o in via di sviluppo, di cui ben sei asiatiche. Sono: Linfen (Cina); Haina, (Repubblica Dominicana); Ranipet (India); Mailuu-Suu (Kyrgyzstan); La Oroya (Perù); Dzerzinsk, Norilsk e Rudnaya Pristan (Russia); Cernobyl (Ucraina) e Kabwe (Zambia).
La città indiana di Ranipet, quarto agglomerato urbano del paese con i suoi 3,5 milioni di abitanti, deve il suo inquinamento alle fabbriche per la conciatura delle pelli che utilizzano sali di sodio e cromo e solfato di cromo. Si è stimato che 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti solidi ricoprano uno spazio aperto di circa due ettari, ovvero una autentica montagna di residui che minacciano di contaminare le acque sotterranee.
La città di Linfen, nella regione cinese dello Shanxi, è il centro dell’enorme industria mineraria del paese che provvede a circa i due terzi dei suoi bisogni energetici. I residenti lamentano di essere letteralmente sommersi dalle ceneri di carbone.
La città russa di Dzerzinsk era, durante la guerra fredda, un centro per la produzione di armi chimiche. I residui hanno inquinato le falde idriche che servono la città. L’aspettativa media di vita è di 42 anni per gli uomini e di 47 per le donne.
Si sta avverando quanto il professor Lawrence Summers, allora vice-presidente della Banca Mondiale, auspicava nel 1991: "Bisogna incoraggiare una emigrazione più importante delle industrie inquinanti verso i paesi meno avanzati. Una certa dose di inquinamento dovrebbe esistere nei paesi in cui i salari sono più bassi. […] L’inquietudine per gli agenti tossici sarà con ogni evidenza molto più elevata dove la gente vive più a lungo, e può ammalarsi di cancro, piuttosto che in paesi dove la mortalità infantile, fino a cinque anni di età, è del 20%".
