La prossima guerra tra USA e Cina si combatterà in Africa?

 

Mentre sono in pieno svolgimento le manovre per l’egemonia sul Medio Oriente e l’Asia centrale, le grandi potenze cominciano a prepararsi per quello che sarà un probabile venturo terreno di contesa: l’Africa.
Alcuni segnali sono inequivocabili. Se fino ai primi anni del nuovo millennio il continente nero era stato quasi dimenticato nelle agende dei governi occidentali, ora il Comando Europeo dell’Esercito statunitense (che si occupa anche di Africa oltre che di Europa), dedica il 70% delle sue risorse proprio ai problemi africani.
Nel 2005, Richard Haass, analista strategico di spicco delle amministrazioni Bush e presidente del Council of Foreign Relations,  in uno studio intitolato “Più che umanitarismo: un approccio strategico degli Stati Uniti verso l’Africa”, indicava come entro la fine del decennio l’Africa sub-sahariana sarebbe divenuta una fonte di importazione energetica tanto rilevante quanto quella mediorientale. Per non dimenticare la già attuale fondamentale importanza dell’area occidentale con paesi come Nigeria e Angola (che forniscono rispettivamente il 10% e il 4%, in crescita, delle importazioni americane di petrolio), e di tutti quelli che si affacciano sul Golfo di Guinea.
La maggiore base militare africana degli Stati Uniti si trova a Gibuti, in un punto cruciale per le rotte petrolifere, sul Mar Rosso, alla congiunzione tra Corno d’Africa, Penisola arabica, e sbocco degli oleodotti di Ciad e Sudan.
E proprio questi due paesi, per la crisi della regione del Darfur, potrebbero essere in futuro teatro di scontri “per procura” tra interessi di potenze contrapposte, come Stati Uniti e Cina. Nello studio di Haass di dice chiaramente che gli “Stati Uniti e i suoi alleati devono essere pronti a intraprendere azioni appropriate nel Darfur, incluse sanzioni e, se necessario, interventi militari se al consiglio di Sicurezza viene impedito di farlo”.
Altro possibile teatro il controllo dell’immenso Congo (ex Zaire), lo stato potenzialmente più ricco di tutto il continente, su cui molti stati africani, e attraverso loro altrettante potenze straniere, hanno mire di egemonia e controllo, nonché la Nigeria ed il Golfo di Guinea su cui l’Esercito statunitense sta concentrando le esercitazioni militari per missioni di intervento rapido.
Anche il Wall Street Journal ha indicato per l’Africa scenari di lotte egemoniche. In un articolo intitolato in modo emblematico “L’Africa emerge come campo di battaglia strategico”, si analizza come la Cina stia operando in prima linea in Africa per conquistare una maggiore influenza a livello globale, come abbia triplicato in 5 anni i suoi scambi commerciali, e come, soprattutto, stia educando la futura élite africana nelle università e scuole militari cinesi.
Secondo Haass, la Cina ha alterato il contesto strategico in Africa: “l’Europa e gli Stati Uniti non possono considerare l’Africa come il loro territorio di caccia privato, come una volta fecero i francesi con l’Africa francofona. Le leggi stanno cambiando, in quanto la Cina non cerca solo di guadagnarsi l’accesso alle risorse, ma anche di controllarne la produzione e la distribuzione, forse posizionandosi come principale fruitore qualora le risorse dovessero ridursi”.

 

 

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