Nell’arco di pochi giorni Argentina e Brasile hanno deciso di rimborsare anticipatamente i loro debiti verso il Fondo Monetario Internazionale.
Buenos Aires verserà 9,8 miliardi di dollari, mentre Brasilia liquiderà la propria esposizione finanziaria residua staccando un assegno di 15,5 miliardi di dollari.
Il desiderio di emanciparsi dal FMI è avvertito da numerosi altri paesi.
Nel 2003 la Thailandia ha compiuto una analoga scelta, mentre l’Indonesia ha espresso la sua intenzione di non ricorrere più al FMI per soddisfare le proprie esigenze finanziarie.
Altri paesi in via di sviluppo condividono questo orientamento, anche se il tasso di interesse applicato dal Fondo è, frequentemente, inferiore a quello determinato dal mercato ordinario dei capitali.
Perché si sta verificando tutto questo?
In alcuni paesi i pesanti condizionamenti che il Fondo impone come condizione preliminare al proprio intervento finanziario, sono ritenuti come perdita della propria sovranità.
Altri ritengono il FMI, così come la Banca Mondiale, dei potenti mezzi attraverso i quali gli Stati Uniti, paese leader nei Consigli di Amministrazione delle due Istituzioni finanziarie, persegue e realizza la propria politica egemonica.
Nel frattempo, durante gli ultimi dieci anni, alcuni paesi esportatori netti, hanno accumulato enormi riserve valutarie. A fine 2005 la Cina deteneva 818 mld. di dollari (recentemente le sue riserve hanno superato quelle del Giappone), l’India 131, la Russia 175, la Corea del Sud 210.
Se questi paesi decidessero di prestare le loro riserve valutarie in eccesso, cosa accadrebbe al FMI o alla Banca Mondiale?.
Molti banchieri occidentali, preoccupati, si pongono questo interrogativo.
Forse occorre ripensare all’intera struttura ideata 62 anni fa a Bretton Woods.
Fonte: Aspenia nr. 32/2006