GLOBAL FAR WEST

L’attacco terroristico a Taba, che ha fatto anche due vittime italiane, inermi e innocenti, sta facendo passare inosservate le operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza, che hanno portato, secondo agenzie di stampa, ad un bilancio di oltre 140 morti palestinesi nell’arco di poco più di due settimane, per lo più civili, a fronte di 3 caduti israeliani.
Durante queste operazioni, nel corso delle quali l’esercito israeliano ha fra l’altro raso al suolo un centinaio di abitazioni e un intero sito archeologico (realizzato con fondi dell’Unione Europea), alcuni soldati dello stesso Stato ebraico hanno protestato per il comportamento di un loro ufficiale, un capitano, che ha scaricato un caricatore su una ragazzina palestinese di 13 anni, Iman al-Hams, già colpita a morte dai soldati stessi, nei pressi di Rafah.
L’inchiesta israeliana, avviata sul campo, ha prontamente concluso che non ci sono elementi per procedere contro l’ufficiale per questo episodio, anche se la condotta complessiva dell’ufficiale potrà dar luogo a rilievi disciplinari (New York Times, 17 ottobre 2004).
A parte lo scarso interesse sempre più sorprendentemente dimostrato dai media italiani nei confronti dell’“altra faccia” del conflitto mediorientale, quella appunto del versante israelo-palestinese, non si può fare a meno di collegare questi avvenimenti con un’altra notizia che arriva dagli Stati Uniti, anch’essa destinata a passare inosservata.
Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato un provvedimento legislativo, il Global AntiSemitism Review Act of 2004, nel quale si prescrive al Dipartimento di Stato statunitense (corrispondente al nostro ministero degli esteri) di costituire un apposito ufficio per il monitoraggio a livello mondiale di tutti gli atti di antisemitismo, in vista dell’adozione di misure di ritorsione da parte degli Usa.
L’atto, per diventare legge, necessitava dell’approvazione presidenziale. Nonostante l’opposizione di alcuni alti funzionari del Dipartimento di Stato Usa, che hanno espresso pubblicamente il loro malumore, sostenendo che il Dipartimento svolge già un ruolo del genere, Bush ha firmato la legge, dandone pubblicamente notizia durante un suo giro elettorale in Florida, notoriamente uno dei tre stati dell’Unione ove è più influente la lobby ebraica.
La lettura del provvedimento mostra fra l’altro che si tratta di un atto di valore duramente polemico sia nei confronti del mondo arabo che di altri Paesi (tra cui Francia, Russia, Australia, Malesia), ai quali si rimprovera in qualche modo un’eccessiva acquiescenza nei confronti del pericolo antisemita.
Il fatto che gli Stati Uniti si ergano sempre più a normatori del giusto e dello sbagliato sul piano del diritto internazionale, e questo sempre più in dipendenza di interessi economici propri e delle pressioni dello Stato d’Israele, va segnalata come una radicalizzazione della posizione globale degli Usa che non può che essere foriera di minacce gravissime per la pace e l’equilibrio internazionale.
È una riflessione che, nonostante la scabrosità del tema, non si può evitare, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane.

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