Velvet Underground and Nico

Per anni uno dei segreti meglio custoditi del rock, ma di sicuro tra i più influenti. Uno degli aneddoti più diffusi di quel mondo è che soltanto in cento acquistarono il primo disco dei Velvet. Ma ciascuno di quei cento oggi è un critico musicale o un musicista. Il disco d’esordio della band di Lou Reed e John Cale, pubblicato nel 67, fotografa un momento di creatività esaltante della Factory di Andy Wharol, supervisore artistico del gruppo. Fu lui a firmare la celebre banana che compare sulla copertina e a imporre ai Velvet la sua pupilla Nico, chanteuse sepolcrale, attesa da una carriera solista oscura e magica, da cantante di culto.

Ma certo più che il suo, fu il successo acquisito nel frattempo da Lou Reed a contribuire alla progressiva emersione dalle tenebre della fama della band, tutta affidata ai due album d’esordio e a una manciata di poche altre canzoni. In bilico tra dolcezza e rabbia, luce e tenebre, i Velvet sono i cantori della New York viva e sporca di quegli anni, ne intonano l’apologia trionfale e il lamento funebre, trasformando lo squallore esistenziale e l’alienazione urbana in weltanshaung e seduzione. Estranei al movimento di protesta, alla psichedelia dei figli dei fiori californiani, al ribellismo divistico dei Beatles, i Velvet raccontano di devianze sessuali e tossicodipendenza più come pratiche catartiche che edonistiche. E quell’album è un equilibrio perfetto di melodie e rumori, dolcezza e perversioni, ballate epiche e baccanali. Impossibile non riconoscergli il merito d’aver anticipato tutto il rock degli anni ’70.

La melodia apparentemente solare di Sunday Morning, fiaba delicata narrata da una fata maledetta, e sospesa in un tintinnio metallico, la tenue e candida semplicità folk di I’ll be your mirror, l’orgia funerea ( e un po’ debosciata) di All tomorrow’s party, la sfrontatezza oscena di Waiting for my man, la viziosa e suadente Femme fatale, l’incubo morboso e lascivo di Venus in furs tormentata dalla viola elettrica di Cale, il delirio psichedelico di Heroin, l’orgia demoniaca di Black angel death song e il marasma rumoristico di European song, fino a stranianti canzonette beat come run run run e There she goes, non c’è canzone di quest’album di cui si possa dire sia passata inosservata.

Track list:

1. Sunday Morning
2. I’m Waiting For The Man
3. Femme Fatale
4. Venus In Furs
5. Run Run Run
6. All Tomorrow’s Parties
7. Heroin
8. There She Goes Again
9. I’ll Be Your Mirror
10. The Black Angel’s Death Song
11. European Son

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