Philip Roth, L’animale morente

E’ sempre sorprendente leggere un romanzo breve e trovarci un condensato di riflessioni sulla vita e il tempo che passa, sull’eros e l’amore. Accade con l’ultimo libro di Philip Roth, che in poco più di cento pagine mette tragicamente a nudo un’intera esperienza umana, una scoperta profonda di sé.

La storia narrata è semplice. David Kepesh, docente universitario sessantaduenne, coltissimo e celebre, si innamora di Consuela Castillo, sua giovane studentessa, ragazza certamente non ingenua eppure comune, perfetta come una segretaria, banalmente attratta dalla cultura. Il cinico, realista, pragmatico David se ne innamora in modo patologico, trasformando una relazione sentimentale in un’ossessione senza pace. Una storia apparentemente come tante, dominata dall’eros che trasfigura Consuela sino a farne una meravigliosa opera d’arte, incarnazione della magia femminile.

Ma è solo un pretesto narrativo. La verità, svelata, da un linguaggio asciutto, è la verità più intima di un uomo che rilegge la propria vita piena e appagante e nel contempo fallimentare. Alla semplicità della vicenda si contrappone l’assoluta complessità dei sentimenti, dei rapporti umani, dell’analisi della propria umana esperienza.

Significativamente Roth sceglie il registro confidenziale della prima persona, che più che raccontare, si confessa, in un dialogo intimo e quasi sottovoce, sinceramente spietato.

David Kepesh è un convinto assertore della libertà individuale, dissacratore di ogni perbenismo, di ogni convenzione. Ha fatto propri, vivendone in prima persona le conseguenze, gli ideali dell’emancipazione, rinunciando volentieri alle norme della società piccolo borghese, in nome della sovranità individuale. E’ convinto che il ridicolo sia rinunciare volontariamente alla propria libertà e scopre, ora che è vecchio, di desiderare segretamente di non essere più libero, in nome dell’amore per una donna.

La relazione con Consuela gli offre l’occasione di sezionare con il bisturi di una straordinaria lucidità, il senso delle proprie scelte, peraltro mai rinnegate. Nel romanzo l’intreccio tra amore e morte tesse una tela perfetta, un meccanismo che scardina l’ordine maniacale di una ragione analitica assoluta. Il protagonista conosce – insieme alla tragica distanza dalla giovinezza – la gelosia, la disperazione, la perdita del controllo sulle proprie passioni. Conosce sentimenti profondi e dolorosi.

E l’incalzare della morte è presente lungo tutta la narrazione, anche attraverso la vicenda parallela dell’agonia dell’unico amico del protagonista, che ne rappresenta in un certo senso anche la coscienza critica. Ma non saranno bastate tutte le analisi, tutte le osservazioni della propria e dell’altrui storia: sarà ancora la passione per Consuela, alla fine, a sancire l’impossibilità di resistere alla tortura del tempo e del proprio destino.

Philip Roth

L’animale morente

Einaudi, 2002

p. 113

€ 13,00

Print Friendly, PDF & Email