Arabia Saudita e Iran si affrontano in Bahrein

L’invio di mille soldati sauditi in Bahrein, a sostegno della monarchia sunnita al-Khalifa, ha determinato una recrudescenza nelle proteste che proseguono da circa un mese nella piccola isola del Golfo persico. I dimostranti che da alcune settimane occupano la piazza principale di Manama, la capitale, hanno inscenato un corteo di protesta verso l’ambasciata saudita e sono stati affrontati dalle forze di sicurezza: due morti e duecento feriti.
Il re del Bahrein ha decretato lo stato di emergenza, chiamando lo stato maggiore a intraprendere tutte le misure necessarie per ristabilire la calma. Si teme ora che i soldati di Riyad tentino un blitz per sgombrare con la forza i manifestanti di Piazza delle Perle.
Le proteste, sull’onda delle rivoluzioni dei gelsomini nel mondo arabo, hanno in Bahrein una peculiarità: a rivendicazioni di tipo economico e sociale, si affianca una divisione confessionale. La maggior parte della popolazione è sciita (70%) mentre la monarchia è strettamente sunnita, come la casa regnante dei vicini sauditi. La popolazione denuncia discriminazioni su base confessionale, mentre, d’altro canto, Manama e Riyad sospettano che dietro le proteste si muova la mano di Teheran. Il Bahrein sarebbe una sorta di porta di ingresso per l’Iran verso la penisola arabica. La regione saudita di confine, nel nord-est, ha a sua volta una forte minoranza sciita, storicamente insofferente verso il regno dei Saud, e da lì si estrae il 10% del greggio mondiale.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha denunciato: "Dietro l’invio delle truppe saudite nel Bahrein ci sono gli Stati Uniti. Si tratta di un’invasione militare, è un’iniziativa stupida e fallimentare che va condannata". Gli Stati Uniti possiedono nel paese una base militare navale che ospita la Quinta Flotta. Nella serata di ieri, re Khalifa ha richiamato l’ambasciatore del Bahrein in Iran per protesta contro le ingerenze di Teheran.

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