Tempo di Spettri, Tempo di Luce

Quando gli storici futuri guarderanno alla cosiddetta modernità, di un fatto si stupiranno, che a molti di noi sfugge, immersi come vi siamo. E il fatto è questo: la cosiddetta modernità si rivela popolata di spettri.
Spettri della “democrazia” greca e romana furono quelli che presiedettero alla Rivoluzione americana e alla Rivoluzione Francese, in combinazioni diverse con lo spettro del cristianesimo essiccato di matrice protestante, e con lo spettro dell’uomo primitivamente innocente.
Spettri dell’Impero Romano e della talassocrazia ateniese baluginano per ogni dove nell’edificazione dell’impero britannico e, ora, di quello americano.
Spettri indoeuropei, spettri di una supremazia ariana si aggirarono nel nazionalsocialismo, colà adunati proveniendo da tutto il mondo occidentale.
L’ombra diurna dell’Impero di Roma accese i fuochi di sant’Elmo sugli alberi dell’incerto naviglio fascista.
Il fantasma della rivolta di Spartaco e del comunismo primitivo ha coperto il mondo di un’ondata di sangue.
Vagano attorno a noi ecclesiastici incartapecoriti nella compulsazione (non si sa quanto onesta) delle Scritture, ossificati dal cerimoniale di presunti eredi dell’universalità di Roma, o di Costantinopoli, o di una qualche autoctona libertà anglogermanica titolare dell’esclusiva comprensione della spettrale purezza di un malinteso cristianesimo delle origini.
Nei palazzi di Londra e di Washington, minoranze autonominatesi guardiani platonici della civiltà hanno tentato e tentano il dominio del mondo, evocando – uniti e divisi al tempo stesso – il sacerdozio di Melchisedech e la rifondazione del Tempio di Salomone.
Lo spettro di quello stesso Tempio che, sognato dagli uni e temuto dagli altri, è andato a insanguinare prima le aride colline della Palestina, e poi il Medio Oriente tutto.
Buoni ultimi, in quello che più che un periodo storico sembra una seduta spiritica, gli islamici fanno correre per il mondo l’alito tombale del Califfato, e auspicano di tornare sotto lo stormire delle fronde delle piscine di Granada.
Si sono “salvati” i cinesi, gli indù e i giapponesi, ma solo perché ancora vivono – nonostante tutto – dentro gli spenti cascami spirituali di millenni andati: spettri a sé stessi o uomini moderni, è ancora da capire.
E non ha potuto concludere il rituale evocativo di una ipotetica negritudine l’Africa, impedita dalla frammentarietà e dalle volatili tracce delle sue culture delle origini, e strangolata da colonizzazione, decolonizzazione, guerre tribali, economia di rapina e malattie micidiali non si sa quanto artatamente diffuse o apparentemente curate.
Gli storici futuri indicheranno, meglio di quanto noi oggi si possa, le responsabilità gravissime di una scienza storica sempre più ridotta a filologia ed archivistica, tanto da perdere – salvo le dovute eccezioni – il senso delle svolte dell’umanità, perché è follia pensare che gli antichi greci, romani, ebrei, arabi e via discorrendo abbiano nulla a che fare con noi: a parte lo stesso aspetto fisico generale.
Gli storici futuri indicheranno anche, crediamo, la fissità ipnotica di un plesso di scienze (dalla biologia all’antropologia) che continuano a cercare di far credere che nel perdurare fisico della specie homo sapiens sapiens non ci siano stati veri e propri salti evolutivi interiori, sicché non gli antichi, ma perfino gli uomini dell’Ottocento e del primo Novecento sono diversi e distanti da noi più di quanto non si pensi. Non così tanto da risultare incomprensibili, ma abbastanza da richiedere seri sforzi di conoscenza – altro che affastellamento di fonti.
Gli storici futuri indicheranno insomma, in una civiltà che si vorrebbe moderna, e perciò fondata sul pensiero critico – non avente fra sé e i fatti altra mediazione che sé stesso – e sul senso storico, il collasso e dell’uno e dell’altro, la frana della capacità di pensare in modo autonomo, che ha aperto le dighe alle torme spettrali, catafratte di uno strumentario tecnologico che inclina sempre di più ad un sofisticato barocchismo barbarico.
Gli storici futuri troveranno, forse, traccia di coloro che si sono battuti – contro gli spettri dell’atavismo e gli incubi di una malintesa tecnologia – per conservare ed accrescere la più grande conquista della modernità vera: la forza del libero pensare.
Questo è l’augurio che facciamo a tutti: di avere la forza di resuscitare, quale autentica luce, la forza di pensare.

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