Una intervista con J. Todenhöfer. Siria: «Forze straniere sostengono l’insurrezione»

«Ho sentito dalla viva voce di Assad dirmi che egli considera la democrazia in Siria come un ‹imperativo›. E che, sotto questo aspetto, l’elaborazione di una costituzione democratica era destinata a giocare un grande ruolo».
Jürgen Todenhöfer si reca con frequenza in Siria, dove vi ha recentemente incontrato il presidente Assad. Todenhöfer chiede che vi sia un punto di vista oggettivo sul conflitto. Già deputato per il partito della CDU al Parlamento tedesco, visita la Siria in ogni occasione possibile – anche più volte in un anno. Il mese scorso ha viaggiato attraverso il paese per un periodo di quattro settimane. Si è potuto muovere liberamente. Todenhöfer è stato a Damasco, ma anche a Homs, Hama, Deraa, i luoghi che riempiono i titoli dei giornali da quasi un anno per i sanguinosi scontri tra le forze di sicurezza e gli insorti.

Welt Online: Signor Todenhöfer, lei è stato da poco in Siria. Da chi è stato invitato e in che misura era libero di circolare nel paese?
Jürgen Todenhöfer: Nessuno mi ha invitato.
Welt Online: Dunque è semplicemente entrato nel paese come un normale turista? Possibile?
Jürgen Todenhöfer: Ma sì, certo. Mi reco in Siria da almeno dieci anni. Ho anche scritto un libro sulla Siria e l’Iraq che è stato tradotto in arabo, che comincia con Hakaouati, il narratore di storie della Moschea degli Omayadi a Damasco. Ci torno ogni anno. La Siria è la culla della nostra civiltà e Damasco è una delle più belle città del mondo arabo. La testa di San Giovanni Battista è seppellita nella Moschea degli Omayadi ed è a Damasco che Saulo divenne San Paolo.
Welt Online: Ma lei parla l’arabo, lo capisce?
Jürgen Todenhöfer: Nemmeno una parola.
Welt Online: Come comunica allora con le persone?
Jürgen Todenhöfer: Per lo più viaggio in compagnia di traduttori.
Welt Online: Cosa l’ha spinta a tornare proprio in questo frangente in Siria, malgrado tutte le notizie sulla pericolosità del momento?
Jürgen Todenhöfer: Per dieci anni ho viaggiato in questo paese, non vedevo nessuna ragione per smettere di farlo proprio ora. Certo, stavolta, all’inizio, ho avuto qualche difficoltà. Sono stato fermato all’aeroporto di Damasco perché i servizi segreti siriani avevano emesso nei miei confronti un ordine di interdizione all’ingresso nel paese. Avevo scritto un articolo su Die Zeit che alcune persone consideravano troppo critico verso la Siria. Sono state necessarie più di due ore prima che potessi finalmente entrare. In seguito questo mi è tornato utile perché un tedesco che vive in Siria aveva assistito a tutta la scena e qualche giorno dopo ne ha parlato ad Assad. È per questo che Assad mi ha invitato per un colloquio.
Welt Online: Assad ha annunciato un referendum popolare per una nuova Costituzione. Fino a che punto possiamo credere alla bontà delle sue intenzioni? È davvero ancora Assad a tenere in mano il destino del suo paese?
Jürgen Todenhöfer: Credo che lui sia l’uomo forte del suo paese, e questa crisi l’ha reso ancora più forte.
Welt Online: Cioè?
Jürgen Todenhöfer: Una crisi chiarisce se si è in grado di affrontare una situazione o se è giunto il momento di lasciare la mano ad altri. Mi sembra che in questo frangente Assad abbia dato un chiaro indirizzo alla sua politica. Credo che l’idea di questo referendum popolare su una costituzione democratica venga direttamente da lui. Da quando è giunto al potere, una decina di anni fa, ha cercato di modernizzare il paese. Ha incontrato non poche difficoltà. All’interno come all’esterno. È noto come l’Occidente abbia cercato di coinvolgerlo nell’accusa di aver assassinato l’ex primo ministro libanese Hariri. Oggi sappiamo che non era vero niente. In ogni caso, Assad non ha avuto successo nella trasformazione del paese per quelle che erano le sue iniziali intenzioni.
Welt Online: Cosa glielo ha impedito?
Jürgen Todenhöfer: Esistono forze conservatrici possenti in paesi quali possono essere il Marocco, l’Arabia Saudita, la Siria. Assad non ha avuto solo il problema di Hariri, ha dovuto richiamare il contingente militare siriano dal Libano. Questo ha determinato una situazione politica interna in cui risultava difficile imporre riforme sostanziali contro le forze conservatrici. Assad stesso mi ha personalmente detto di considerare la democratizzazione della Siria come un « imperativo ». E che, sotto questo aspetto, l’elaborazione di una costituzione democratica era destinata a giocare un grande ruolo.
Welt Online: Lui ha intenzione di rinunciare al primato del partito Baath?
Jürgen Todenhöfer: Durante il nostro incontro ha voluto sottolineare che tutti i partiti sarebbero stati autorizzati. Il referendum popolare è una decisione rivoluzionaria per un paese autocratico come la Siria, perché in questo modo Assad rimette ogni decisione sul futuro del paese nelle mani del popolo. Il popolo può accettare la nuova costituzione, ma potrebbe anche rifiutarla. Non conosco così tanti leaders autocratici disposti a rischiare così tanto con un referendum popolare del genere.
Welt Online: Cioè lei crede ad una reale volontà di cambiamento di Assad e che questo è lo strumento giusto per riuscirci?
Jürgen Todenhöfer: Più l’Occidente gli terrà il fiato sul collo, più sarà difficile per lui. Un politico marxista dell’opposizione, che si è fatto 14 anni di carcere sotto il padre di Assad, mi ha detto che l’unico in grado di condurre la Siria verso la democrazia è proprio Bashar al-Assad. Anche perché la maggioranza dei siriani continua a fare una netta distinzione tra Assad e il sistema di potere.
Welt Online: Ma allora l’Occidente cosa dovrebbe fare? Sostenere Assad? Negoziare con lui? I media occidentali si trovano sotto la pressione delle immagini delle violenze brutali che provengono dal paese. E i reportage obiettivi sono pochi.
Jürgen Todenhöfer: La situazione in Siria è molto complessa. È sorprendente verificare come non solo gli avversari, ma anche i partigiani di Assad rivendichino a gran voce la democrazia. Allo stesso tempo la democrazia è largamente negata in Siria. Ho assistito a manifestazioni, a Damasco, cui hanno partecipato tra uno e due milioni di persone. La gente gridava in coro: « Assad, democrazia », e « Assad, libertà ». Anche i ribelli siriani vogliono evidentemente la democrazia, ma loro la vogliono senza Assad. Dunque assistiamo a manifestazioni pro e contro Assad, ma tutte a favore della democrazia.
Tuttavia, ci sono gruppi armati in entrambi gli schieramenti che si affrontano in scontri militari senza quartiere, provocando molte vittime civili. Questo è assolutamente inaccettabile ed è giustamente pesantemente criticato, ma leaders politici dell’opposizione mi hanno confermato che anche i guerriglieri uccidono i civili e ci sono « regolamenti di conti ». A Homs mi trovavo in casa di un partigiano dichiarato di Assad. Avevano sparato dentro la camera di sua figlia di tre anni da una torre di fronte, ho visto con i miei occhi i fori dei proiettili. Il giorno dopo la mia visita ha ricevuto delle minacce di morte e ha dovuto lasciare la casa. Sempre a Homs, io stesso sono finito sotto un pesante fuoco incrociato quando i guerriglieri hanno sparato su una pattuglia della polizia. Sono scenari da guerra civile. In Occidente si parla solo delle malefatte commesse dalle forze di sicurezza lealiste, e si occultano le malefatte dell’altra parte. I reportage internazionali sono del tutto unilaterali.
Welt Online: Ma allora perché Assad non ammette i giornalisti nel paese così che possano fornire un quadro più oggettivo?
Jürgen Todenhöfer: È stato un grossolano errore da parte del governo. Non ho mai sentito la mancanza di un giornalismo libero come in Siria. Nel paese è l’opposizione a detenere il monopolio dell’informazione, che la esercita senza scrupoli tramite al-Jazira e al-Arabia. Ad Homs, per esempio, ci sono quattro emittenti satellitari a cui, qualunque fotografo munito di un portatile, può trasmettere le sue immagini nel giro di un secondo. Si può facilmente comprendere come ne possano approfittare.
Welt Online: Che ne è del libero accesso a Internet?
Jürgen Todenhöfer: Per quanto riguarda Internet, la Siria è uno dei paesi più sviluppati del mondo arabo. Ed è stato Assad in persona che ha voluto questo. Se si va in un qualunque ristorante, si ha sempre l’accesso gratuito wireless e si possono scaricare le email. Qualche settimana fa, la stampa mondiale affermò che gli iPhone erano vietati in Siria. Chiamai allora un mio contatto a Damasco per verificare. Mi ha detto: «Sto per l’appunto rispondendo col mio iPhone». La metà delle informazioni che riguardano la Siria sono false.
Welt Online: Ci può fornire altri esempi?
Jürgen Todenhöfer: Durante il mio soggiorno a Damasco, la stampa mondiale riportò che il quartier generale del partito Baath era stato attaccato e fortemente danneggiato. C’era stato un morto. Questo mi aveva molto impressionato. Fino a quel momento Damasco era stata una città sicura, in cui c’erano ancora anche dei turisti. Il giorno successivo ho voluto andare a vedere questo edificio.
Due poliziotti dall’aria pacifica stazionavano davanti il palazzo, completamente intatto. Chiesi allora dove erano i pesanti danni. Mi hanno indicato due vetrate rotte nella hall dell’ingresso, contro cui qualcuno aveva tirato un petardo.
Durante la mia visita a Homs, constatai che le bancarelle del mercato erano coperte di cibo e verdure. Io stesso vi ho fatto la spesa. Qualche giorno dopo lessi sulla stampa mondiale: « Catastrofe umanitaria a Homs ». Sono tornato poco dopo in città, per la seconda volta, e ho incontrato alcuni ribelli. Io incontro sempre esponenti di entrambi gli schieramenti. Ho chiesto loro della « catastrofe umanitaria ». Mi hanno confessato ridendo: «Siamo noi che abbiamo messo in giro la notizia». Ne erano molto fieri.
Poco tempo dopo, un autobus che trasportava dei giovani Alauiti è stato fermato a Homs da alcuni motociclisti. Questi ragazzi sono stati giustiziati sul posto dai guerriglieri sulle moto, uno solo di loro è sopravvissuto ed ha raccontato che l’eccidio era stato provocato da ribelli armati.
L’attacco era un segnale contro Assad, anche lui Alauita. Ma la sera, su al-Jazira, si sosteneva che Assad aveva di nuovo fatto uccidere dei giovani innocenti a Homs. I reportage dalla Siria mi ricordano in maniera inquietante le notizie prima dell’inizio della guerra in Iraq. Con questo non voglio dire che i notiziari della televisione di stato siriana siano molto migliori.
Welt Online: Ma allora chi sostiene i ribelli? Sono forse paesi vicini malintenzionati come Arabia Saudita e Qatar, gli stessi che si erano impegnati in Libia? Si tratta di un conflitto inter-islamico?
Jürgen Todenhöfer: Ho trascorso quattro settimane nel paese. Ci sono ovviamente molte cose che non ho visto, ma quel che ho visto è che le proteste non sono sempre pacifiche. Ci sono forze straniere che riforniscono di armamenti pesanti le componenti violente dell’insurrezione. La pista più attendibile porta verso il Qatar. Il Qatar è stato anche il grande fornitore delle armi in Libia. Gli americani non intervengono direttamente, la resistenza armata passa attraverso gli stati arabi vicini, soprattutto Qatar e Arabia Saudita. La stess Al-Jazira è originaria del Qatar.
Welt Online: Si tratta di una sorta di guerra per procura?
Jürgen Todenhöfer: Questo non lo posso affermare. Non sono un sostenitore delle teorie del complotto. Tuttavia sullo sfondo si profila il tentativo degli Stati Uniti di creare un « Grande Medio Oriente » composto esclusivamente da Stati filo-americani. Gli Usa considerano tutta la regione come una loro “riserva di caccia”. È Kissinger che disse: «Il petrolio è troppo prezioso per essere lasciato in mano agli arabi».
Gli americani sono stati colti di sorpresa in Tunisia ed Egitto. Ma successivamente hanno deciso di partecipare secondo la loro visione agli sconvolgimenti nel mondo arabo. Io provo una grande simpatia per l’America democratica, ma nel Vicino Oriente, la democrazia importa ben poco agli Stati Uniti. Se così fosse, dovrebbero appoggiare anche le manifestazioni in Arabia Saudita, in Qatar, in Bahrein, ma qui, invece, sostengono regimi dittatoriali.
Welt Online: Come pensa che andrà a finire in Siria?
Jürgen Todenhöfer: Ci sarà la democrazia in Siria, come nel resto del mondo arabo. Il ricorso alla violenza contro manifestazioni pacifiche che spingono in quella direzione è del tutto inaccettabile. Ma nel momento in cui ho chiesto ad Assad perché non potesse rinunciare alla violenza contro i ribelli – quanto meno per un periodo di tempo limitato – mi ha domandato se avrei potuto citargli anche un solo paese occidentale che sarebbe disposto ad accettare che ogni giorno venti o trenta soldati vengono uccisi. Mi ha domandato: la signora Merkel lo accetterebbe? Non ho saputo rispondergli. Gli ho detto che, quanto meno, avrebbe dovuto intavolare un dialogo, anche con le forze estremiste. Che se non c’era un dialogo, non si sarebbe mai potuto arrivare ad un cessate il fuoco. Che avrebbe dovuto prendere la testa del movimento democratico per raggiungere la pace e la democrazia.
Welt Online: Che cosa ha risposto ?
Jürgen Todenhöfer: Ha detto che la cosa più importante era elaborare una Costituzione democratica e che il popolo si doveva pronunciare su questo. […].

Carolin Brühl, Welt Online, 10 febbraio 2012.
Ripreso da “Horizons et débats” del 27.02.2012 con la cortese autorizzazione di Jürgen Todenhöfer
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Jürgen Todenhöfer ha condotto studi di diritto nelle università di Monaco, Parigi, Bonn, Friburgo. Ha svolto il dottorato a Friburgo. Nel 1972 è stato eletto al Bundestag [Parlamento tedesco] come candidato nella CDU. Ha svolto il ruolo di deputato e portavoce del gruppo CDU/CSU fino al 1990. Nel 1987 è entrato a far parte del Gruppo Hubert Burda Media, fino a giungere a ricoprire il ruolo di vicepresidente esecutivo. Negli ultimi dieci anni Jürgen Todenhöfer si è costantemente espresso in maniera critica verso le guerre in Afghanistan e Iraq, pubblicando una serie di libri sulla tematica della guerra. Il sito internet di Jürgen Todenhöfer è: http://www.juergentodenhoefer.de

Traduzione dal tedesco per Horizons et débats (27.02.2012):
http://www.horizons-et-debats.ch/index.php ?id=3163

Testo originale in tedesco, riprodotto da Zeit Fragen (20.02.2012) :
http://www.zeit-fragen.ch/index.php ?id=677

Tratto da: http://www.silviacattori.net/article2941.html
Traduzione in italiano a cura di Simone Santini

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