La Germania preoccupata per la penetrazione industriale cinese nell’Europa dell’Est

"La Cina sta cercando un paese che possa fare da ponte tra noi ed i Paesi dell’Unione Europea", ha dichiarato il ministro del commercio cinese Chen Deming al ministro dell’economia della Bulgaria Traicho Traikov, nel corso dello Shangai Expo a luglio.
Sembra proprio che la Bulgaria possa rappresentare questo tipo di paese: dopo l’accentuarsi della crisi in Europa orientale e le delusioni che i Paesi un tempo inseriti nel blocco sovietico hanno provato nel rapporto con l’Ovest, sembra che l’attenzione verso la Cina stia crescendo e dando buoni frutti alla politica espansiva della Repubblica Popolare, che sembra fra l’altro immune dai problemi finanziari che affiggono l’Occidente.
Grandi aziende cinesi come Huwaei e ZTE stanno aggiornando le reti di telecomunicazione bulgare. Great Wall, un’importante azienda automobilistica cinese, ha appena finito di realizzare una fabbrica di auto del valore di 112 milioni di dollari nel nord-est del Paese. Insigma Technology, un’altra azienda cinese, questa volta del settore impiantistico, ha appena sottoscritto un contratto per la desolforizzazione nel più grande impianto petrolifero della Bulgaria, il Maritsa Est 2.
Ma anche altri Paesi dell’Est europeo stabiliscono legami industriali importanti con la Cina: in Romania, alcune aziende cinesi stanno negoziando la costruzione di due impianti di produzione di energia. In Polonia la Cina ha realizzato in tre anni investimenti per 70 milioni di euro e punta a raggiungere i 500 milioni quest’anno. In Ungheria, il governo sta finanziando corsi di lingua per imprenditori cinesi, per incrementare le relazioni economiche fra i due Paesi.
La miglior conferma della serietà dell’impegno profuso dalla Repubblica Popolare Cinese nell’Europa dell’Est è data dal disagio che la Germania sta dimostrando davanti a questa strategia. Lo scorso mese, il Comitato per le Relazioni Economiche con l’Europa Orientale, espressione degli ambienti industriali tedeschi, ha pubblicato un rapporto nel quale la politica cinese viene giudicata assai più dipendente da interessi geopolitici che da criteri economici. Nello studio si stigmatizza "il dumping dei prezzi, la finanza aggressiva e le generose coperture dei rischi" offerte dal governo di Pechino alle proprie aziende per scalzare le posizioni dei rivali europei in quei mercati, citando il caso di progetti cinesi che in Polonia e in Serbia hanno prevalso sugli occidentali grazie ad offerte al ribasso sostenute da crediti alle imprese cinesi garantiti dallo Stato.
Zhang Zuqian, ricercatore della Chinese Association for European Studies, ricorda però che "l’Occidente ha sempre considerato questa parte dell’Europa come il premio per aver vinto la Guerra Fredda". "Ma – aggiunge – la guerra è finita e non è più una sua riserva di caccia esclusiva. In genere sono le aziende europee carenti sul piano della competitività a lamentarsi dei buoni affari della Cina e ad invocare la teoria della minaccia cinese".
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