Berlusconi mediatore sull’Iran. Colomba o anatra zoppa?

Durante una intervista ad ampio raggio rilasciata al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, il premier italiano Silvio Berlusconi ha avuto modo di esprimere la propria opinione su alcuni temi scottanti di politica internazionale come il contenzioso sul nucleare iraniano e le sanzioni decise dall’Onu.
Alla domanda dell’intervistatore se al prossimo vertice della Nato di novembre a Lisbona si possano prevedere dissidi interni agli alleati, Berlusconi ha risposto: "Con la ragione e la moderazione si può evitare qualsiasi problema. I problemi esistono, ma esistono soprattutto tra noi e l’Iran. E su questo tema, come membro anziano e dotato quindi di più esperienza tra tutti i leader, mi spenderò nel ruolo di mediatore".
A domanda sulla efficacia delle sanzioni contro Teheran, Berlusconi asserisce: "Abbiamo anche noi partecipato alle sanzioni, ma temo che non porteranno ad alcun successo. Abbiamo visto in molti casi, ad esempio a Cuba, come le sanzioni non facciano altro che portare benefici a questi regimi che possono consolidarsi presentandosi come martiri. Un approccio morbido e prudente sarebbe più utile".
Su chi possa svolgere il ruolo di pontiere nella comunità internazionale verso l’Iran, Berlusconi non ha dubbi: "Cina e Russia. Ho chiesto proprio la scorsa settimana al primo ministro cinese Wen Jiabao di usare la sua influenza in questa direzione. Per quanto riguarda Israele, possiamo solo sperare che la minaccia nucleare non sia da loro percepita così intensamente da spingerli ad agire militarmente contro l’Iran. [… integrare Teheran nella comunità internazionale…] è l’unico modo per portare l’Iran fuori dalla impasse in cui si trova".

L’apertura lanciata verso l’Iran da Silvio Berlusconi, pur mostrandosi come un volenteroso segnale di pacificazione nei rapporti internazionali, porta tuttavia con sé un carico di ambiguità che rischia di inficiarne i propositi, se non addirittura ribaltarli. Il premier italiano, aldilà delle apparenti buone intenzioni, non sembra infatti detenere la volontà, o la necessaria forza, per svolgere interamente un percorso di mediazione che sia in grado di portare a casa uno storico risultato diplomatico.
Nel momento in cui pronostica la sostanziale inefficacia delle sanzioni Onu contro Teheran e al tempo stesso lascia ad Israele campo aperto per interventi unilaterali, appellandosi esclusivamente al grado di sensibilità della classe dirigente ebraica, Berlusconi mostra l’intrinseca debolezza della sua visione. Non è certo con petizioni di speranza verso Tel Aviv che, nel momento in cui le sanzioni dovessero palesare la loro inefficienza, si potranno fermare i bombardieri israeliani.
In realtà l’Italia e il suo Presidente del Consiglio, per la storica vocazione del paese e le capacità dell’uomo di intessere rapporti anche personali, avrebbero una opportunità unica.
Proviamo ad abbozzare, a grandissime linee, lo schema di una efficace azione diplomatica. L’Italia dovrebbe farsi portatrice, delineandola in ambito europeo ed all’interno della Nato, di una posizione duale: utilizzare la Ue come garanzia di sicurezza di Israele predisponendo tutte le necessarie strutture (diplomatiche, tecniche, civili e militari) per il controllo del dossier nucleare iraniano, in ausilio e supporto rispetto a quanto sta già svolgendo istituzionalmente l’Aiea; al tempo stesso esplicitare in ambito Nato che qualunque azione unilaterale israeliana verso l’Iran non solo porrebbe automaticamente lo stato ebraico fuori dal contesto internazionale (con tutte le necessarie conseguenze) ma che tale eventualità sarebbe impedita in ogni modo, anche con l’uso della forza.
Predisposto questo quadro inteso a creare una condizione di stabilità tra i contendenti, arrivare ad una soluzione mediata condotta da Unione europea, Russia, e Cina, magari sulla base dell’accordo trilaterale Turchia/Brasile/Iran già raggiunto nei mesi scorsi e che sostanzialmente garantiva all’Iran il suo diritto all’accesso al nucleare civile mentre rassicurava sull’impossibilità di giungere alla bomba.
Al di fuori di questo schema riteniamo che le dinamiche attualmente in campo possano sfociare, con alto grado di probabilità, in un conflitto. Compito dei pacifisti italiani sarebbe, in questo delicato frangente, superare gli schieramenti e le divisioni ideologiche per condurre un costruttivo sostegno a supporto di tutti quegli esponenti politici, governativi o meno, in grado di compiere i necessari passi verso la pace, cercando di proteggerli "dal fuoco nemico", ma anche e soprattutto "dal fuoco amico", che si troverebbero sicuramente a dover affrontare.

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