La finanza islamica prende piede in Kazakistan

Il Kazakhistan, con sedici milioni di abitanti e quasi l’80% della popolazione di religione musulmana, è una delle principali repubbliche centro-asiatiche sorte dal crollo dell’Unione Sovietica negli anni Novanta del secolo scorso. Poco più di venti anni fa, c’erano solo 68 moschee nel Paese, oggi ne conta almeno 2500. La principale moschea del Paese, quella situata nella capitale Almata, famosa per la sua cupola blu, può contenere 7000 persone ma sono oltre 14000 quelle che accorrono alla preghiera del venerdì.
Lo scorso marzo, per la prima volta, una banca della finanza islamica, la Al Hilal Bank, controllata dal governo di Abu Dhabi, ha aperto i suoi uffici nella capitale del Paese, occupandovi 45 dipendenti, con la prospettiva di investire 250 milioni di dollari quest’anno e di impegnarsi in oltre 20 grandi progetti, senza trascurare tuttavia l’espansione dei servizi alle piccole e medie attività.
La finanza islamica è presente da oltre trent’anni in Medio Oriente e in tutto il mondo e si caratterizza per alcune pratiche che l’hanno resa particolarmente competitiva soprattutto dinanzi alla crisi della finanza occidentale: il sukuk, le obbligazioni islamiche, che devono essere obbligatoriamente garantite da attività reali come un terreno o un edificio, per cui sia il compratore che il venditore trattano, sia pure indirettamente, delle attività reali e non semplicemente delle carte commerciali; o la murabaha, un altro strumento compatibile con la sharia (il codice islamico) che vieta il prestito ad interessi, con la quale un intermediario acquista un bene da vendere a terzi restandone proprietario fino a che il cliente finale non ha terminato di pagarlo, una forma quindi di finanziamento fondata anch’essa su beni reali.
L’entrata in Kazakistan della finanza islamica è assai ben vista dal governo locale, sia per bilanciare la predominante presenza occidentale, in un momento di profonda crisi del suo modello, sia per ampliare la disponibilità di investimenti per lo sfruttamento delle imponenti risorse del paese, costituite in primo luogo da importanti giacimenti petroliferi e metalliferi che ne fanno, con 110 miliardi di dollari di prodotto interno lordo, la maggiore economia dell’Asia Centrale.
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