La pancia dell’America beve il tè

Si chiama "Nation of Tea Party". È un movimento d’opinione con forti valenze politiche nato negli Stati Uniti attraverso il passa parola e la mobilitazione locale correlandosi poi a livello nazionale tramite il web. In pochi mesi sono diventati migliaia i sostenitori e i simpatizzanti. Sono arrabbiati, combattivi, decisi. Sono la pancia dell’America.
Il nome prende spunto dall’atto iniziale della rivoluzione americana a Boston nel 1773, quando i coloni si ribellarono al potere ed alle tasse imposte dalla corona britannica, ed infatti il movimento vuole un ritorno alla pratica politica che fu dei Padri fondatori e originaria della Costituzione. È nato la scorsa primavera in occasione del Tax Day come reazione al piano di rilancio di Obama ed in particolare il sostegno pubblico alle banche, per poi radicalizzarsi contro la riforma del modello sanitario nazionale. Ormai è un movimento anti-sistema che dà voce ai malumori contro Washington ed il sistema federale, accusato di corruzione, opacità, realizzatore di interessi lobbistici e particolari, di una spesa pubblica incontrollata.
I soldi dei contribuenti vanno alle banche, alle industrie automobilistiche, a chi non può pagare il mutuo. Tutto questo arricchisce chi è già ricco e specula oppure sollecita istinti assistenzialisti. Per chi lavora sodo non rimane nulla. E’ questa la filosofia di fondo del "Nation of Tea Party", una filosofia che cova da sempre sotto la cenere nel profondo del paese e ciclicamente erutta in superficie.
I supporter sono generalmente appartenenti alla classe media sotto attacco per la crisi economica. Sono conservatori, non più giovanissimi, e bianchi. Odiano entrambi i maggiori partiti, sia il democratico che il repubblicano, come facce della stessa medaglia, dell’establishment. Ma se qualche esponente repubblicano riesce sufficientemente a smarcarsi da Washington, ecco che su di lui si riversa la stima dei patrioti del tè.
Gli analisti ritengono che la mobilitazione degli attivisti del Tea Party sia risultata decisiva nell’affermazione del candidato repubblicano Scott Brown che ha soffiato ai democratici la poltrona di senatore del Massachussets che per decenni era stata in maniera incontrastata ad appannaggio di Ted Kennedy.
Ma l’eroina del movimento è Sarah Palin, già vice di McCain nella corsa alla Casa Bianca alle ultime elezioni. In questi giorni la Palin è attesa a Nashville dove si tiene la convention nazionale del Tea Party. Una sorta di investitura alla guida di un movimento di massa che può, in prospettiva, diventare un terzo partito?
La strada pare in salita, per il momento. La Palin non sembra avere ancora lo spessore politico di un Ross Perrot, l’icona anti-sistema che coagulò i malumori dell’America negli anni ’90, con risultati anche brillanti ma che, tuttavia, non offuscarono mai l’era di Bill Clinton.

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