UNA NUOVA DOTTRINA MILITARE PER LA RUSSIA

Il documento che pubblichiamo, un’intervista del giornalista della agenzia russa Novosti, Viktor Litovkin, al generale dell’esercito Makhmut Gareyev, presidente dell’Accademia di Scienza Militare di Mosca, sulla nuova dottrina militare in corso di elaborazione in Russia in adempimento di una richiesta del presidente Putin dell’estate del 2005, è molto interessante per più di un motivo.
Intanto ci presenta quale è oggi la percezione russa dei problemi della sicurezza internazionale e quale la collocazione della Russia nel loro contesto: l’impressione è quella di un Paese che si sente minacciato nella propria integrità storica e accerchiato da Stati in crescente aumento di potenza militare a questo sollecitati dall’Occidente. Le aspirazioni egemoniche degli Usa e l’ampliamento della Nato giustificano, agli occhi dei militari russi, questa impressione.
Ma di grande rilievo è anche l’importanza attribuita dagli specialisti russi alle strategie indirette, alle covert operations che gli occidentali hanno disinvoltamente svolto in questi anni lungo le frontiere politiche della Russia. In questo senso, è ben chiaro a questo alto esponente dell’establishment militare russo quanto hanno contato gli strumenti economici, politici e l’uso dei media nell’indebolire la posizione internazionale della Russia nel corso degli ultimi quindici anni.
Preoccupante poi è il fatto che, in questa visione complessiva, il ruolo della deterrenza nucleare torna in primo piano, come elemento “di sfondo” di qualsiasi situazione di conflitto combattuto: consideriamo quanto serio sia questo elemento con la attuale situazione in Medio Oriente, per esempio rispetto alla questione iraniana.
Esplicita è poi nell’intervista l’accusa alla politica di accaparramento delle risorse energetiche, nascosta dietro l’immagine di una missione americana di guida mondiale, da parte degli Stati Uniti.
Infine, colpisce la trasformazione, nell’arco di un secolo, delle basi ideali di questa nuova dottrina militare che, eliminando esplicitamente ogni orpello ideologico, fonda la sua interpretazione dei rapporti attuali in termini di Realpolitik classica, vagamente hobbesiana, richiamandosi come unico appiglio all’ipotesi di un “concerto delle potenze” di sapore vagamente ottocentesco, sia pure modernizzato dal riferimento alle Nazioni Unite. È tutto quello che resta di un secolo di materialismo storico applicato alla politica internazionale.
Resta tuttavia dell’esperienza comunista anche il non casuale richiamo al grande studioso militare sovietico Mikahil Frunze, alla cui opera viene attribuito il merito di avere aperto una discussione che all’epoca fece dei temi della difesa un argomento popolare. Questo aspetto, che noi europei abbiamo da tempo messo del tutto da parte, è quindi un segnale che la Russia mantiene ancora, pure nella grave crisi che l’attraversa da un secolo, il possibile senso non retorico della Madre Patria, oltre alla tenacia dell’orso russo immortalato da Tolstoj nella descrizione del grande Kutuzov.
Cerchiamo di non dimenticarlo.

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