Nel suo discorso alla nazione tenuto quest’anno, il presidente russo Vladimir Putin aveva indicato nella crisi demografica russa la minaccia prioritaria per lo stato del paese.
La popolazione è in declino, dal 1992 ad oggi, di 700mila unità l’anno, e secondo la previsione degli esperti potrebbe scendere nel 2050 sotto i 100 milioni, con effetti catastrofici in termini sociali, economici, e di difesa.
Il governo ha previsto tre direttive di azione a lungo termine: abbassamento del tasso di mortalità, innalzamento del tasso di natalità, un’efficiente politica migratoria.
Per quest’ultimo aspetto è stato attivato un programma governativo per la "ricollocazione volontaria nella Federazione Russa dei connazionali che vivono all’estero", ovvero per il ritorno in patria degli emigrati o il trasferimento di popolazioni russofone dalle ex Repubbliche sovietiche. A questo scopo sono stati previsti incentivi ed agevolazioni per quanti aderiranno al programma, con un finanziamento complessivo di 7 miliardi di dollari.
In un primo tempo le regioni destinate ad accogliere i flussi saranno quelle dell’estremo oriente, in particolare al confine con la Cina, che da qualche anno manifestano gravi problemi a tenere il passo con le limitrofe regioni cinesi che possiedono imponenti tassi di crescita economica e sociale, e la cui popolazione minaccia di espandersi, quindi, verso le pianure russe.