Una guerra contro l’Europa

La terza, o forse la quarta guerra mondiale è già cominciata da tempo, ne siamo consapevoli. La quarta, se si considera come una vera guerra la cosiddetta Guerra Fredda, ovviamente. Il fatto è che di questa guerra, terza o quarta che sia, l’obiettivo non è, come ci si vuol fare credere, la Russia del cosiddetto autocrate Vladimir Putin — ma una possibile Europa unita ed indipendente. Sappiamo bene che formulare queste ipotesi oggi significa essere prontamente confinati nel ghetto dei complottisti, ma i fatti parlano chiaro.

Plan Arcadia

Partiamo da lontano, dal poco noto ma fondamentale e assai ben documentato Plan Arcadia, vale a dire il documento strategico, per lo più frutto di un’elaborazione che gli Inglesi non per nulla definirono allora “British Most Secret”, il massimo segreto inglese.

Nel corso della conferenza alleata anglo-americana, svoltasi a Washington tra il 24 dicembre 1941 ed il 14 gennaio 1942 (quindi poco dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour e l’entrata degli Usa nel conflitto mondiale), denominata in codice appunto Arcadia, i Britannici presentarono infatti il 5 gennaio un fondamentale documento, intitolato American-British Grand Strategy, nel quale, delineando i punti principali della strategia nel conflitto, si definiva operativamente la cosiddetta “quarta dimensione della guerra”, cioè l’insieme delle misure rivolte a colpire le coscienze, comprendenti guerra psicologica, propaganda, disinformazione, intossicazione, sovversione e terrorismo.

Non possiamo dunque dimenticare che questa dimensione è stata in realtà fondamentale per il raggiungimento della vittoria Alleata nella Seconda Guerra mondiale. Ne abbiamo spesso parlato sulle colonne di clarissa.it, soprattutto quando ci siamo dovuti occupare della storia della strategia della tensione in Italia. Riteniamo che questa impostazione sia connaturata allo stile anglo-sassone di condotta nei conflitti, nell’oramai lunga storia della loro politica di potenza a livello mondiale.

La crisi strutturale degli Usa

Un dato di fatto è che gli Stati Uniti d’America sono da almeno due decenni in una grave crisi strutturale: i loro interventi militari in Medio Oriente non hanno risolto, ma semmai aggravato, i problemi di quell’area, e la recente pesantissima sconfitta in Afghanistan ha rappresentato una decisiva conferma, per la classe dirigente statunitense (che si è infatti affrettata a farla cancellare dai media mondiali), della loro incapacità di affrontare e risolvere le tensioni geopolitiche mondiali.

Dal punto di vista industriale, la crescente affermazione della Cina mette in forse, per la prima volta dalla fine del XIX secolo, il predominio del capitalismo delle grandi multinazionali statunitensi, affermando un modello di capital-comunismo nel quale la centralizzazione del potere politico si accompagna ad un’eccezionale concentrazione di forza finanziaria, produttiva e ancor più commerciale.

Il debito pubblico Usa ha raggiunto, secondo Trading Economics, a settembre 2021, 28.428,919 milioni di dollari, tra le cifre più alte della storia del paese. Il rapporto debito/Pil, ora di poco superiore al 100%, sta lentamente raggiungendo i valori caratteristici del secondo conflitto mondiale, quando ha sfiorato il 120%. Gli Usa hanno evitato il default nel 2021 semplicemente innalzando per legge il tetto del loro debito pubblico di ben 480 milioni di dollari.

Il deficit della bilancia commerciale Usa, secondo i dati del Bureau of Economic Analysis (BEA) del Dipartimento del Commercio americano, si è attestato, a giugno, a 79,6 miliardi di dollari rispetto agli 84,9 miliardi di maggio: esportazioni per un valore di 260,8 miliardi, importazioni per 340 miliardi. Siamo dunque in presenza di un Paese la cui gigantesca economia acquista più di quanto vende all’estero.

Si aggiunga a questo la crisi di fondo della democrazia americana, dimenticata anche questa dai media italiani, causata dal deficit di rappresentatività di un sistema che è sempre più in mano a ristretti gruppi di pressione finanziari che hanno di fatto oramai completamente sottratto al controllo ed alla sovranità popolare la direzione del Paese. Sta tutto qui il nocciolo delle travagliate vicende della presidenza Trump, come bene si comprende leggendo testimonianze come quella, onesta e critica, del suo Attorney General, William Barr 1.

Stati Uniti ed Europa

In un siffatto contesto, la guerra scoppiata in Europa rappresenta un’occasione straordinariamente positiva per gli Stati Uniti.

In primo luogo, questa guerra ha oggettivamente condotto la Russia “revisionista” di Putin in un pantano politico-militare dal quale non sembra possibile riesca ad uscire in tempi brevi: se infatti questo conflitto non troverà una soluzione rapida, in una prospettiva di “quarta dimensione della guerra” esso potrebbe portare addirittura ad una destabilizzazione della Russia, obiettivo assai rilevante almeno per i settori del cosiddetto “interventismo democratico” degli Usa, di cui Jo Biden è un esponente fin dagli anni Ottanta del XX secolo.

In secondo luogo, lo stesso conflitto è andato ad impattare in maniera a quanto pare decisiva su di una questione di importanza strategica essenziale: la dipendenza energetica dell’Europa dall’estero, prima dal Medio Oriente, ora dalla Russia. Basta osservare infatti che, fino al 26 settembre 2022, i rifornimenti di gas dell’Unione arrivavano principalmente dalla Russia, tramite il gasdotto Brotherhood, che attraversa l’Ucraina, tramite il gasdotto Nord Stream, nonché mediante il Turkish Stream. Il gasdotto Brotherhood è ancora parzialmente funzionante, ma può essere tagliato definitivamente per volontà di Kiev, o magari a seguito di opportuni atti di sabotaggio; i condotti Nord Stream sono stati resi inutilizzabili, almeno momentaneamente; quanto al superstite Turkish Stream, non ne può essere effettuata la manutenzione a causa delle sanzioni adottate dalla Unione Europea, imposte dagli Stati Uniti.

Ridicolo quindi sostenere la paternità russa degli attentati ai Nord Stream 1 e 2, in quanto non solo gli stessi sono posseduti per almeno il 51% da un’azienda russa, ma il loro sabotaggio presuppone vicine basi d’appoggio, cioè l’ombrello protettivo della Nato. Sono dati di fatto ben noti alle cancellerie europee, per tacere del fatto che, con ogni probabilità, molte di esse sono in possesso di informazioni dettagliate sugli attacchi, trattandosi di strutture prevedibilmente monitorate h24: qualcuno quindi sa, ma preferisce tacere.

Infine, ma è questo il punto davvero fondamentale, questo secondo conflitto in Europa, dopo quello nella ex-Jugoslavia, cancella qualsiasi possibilità di formazione di un’Europa dall’Atlantico agli Urali, che è da sempre il maggiore timore delle classi dirigenti anglo-americane. La contrapposizione fra Russia ed Unione Europea, con l’autolesionistica applicazione di sanzioni indiscriminate, è da questo punto di vista un successo fondamentale per gli Usa, aumentando la dipendenza europea sul piano energetico, economico, militare e spingendo la Russia nelle braccia, assai poco accoglienti in verità, della Cina.

Germania e Stati Uniti

In questo contesto, non è sfuggito a taluni osservatori la dichiarazione di Olaf Scholz il 16 settembre 2022 (si noti la data) all’annuale conferenza della Bundeswehr (le forze armate tedesche), a Berlino. Il cancelliere tedesco, che da poco ha varato un piano di ammodernamento militare dal valore di 100 miliardi di dollari, ha affermato quel giorno, che, poiché la Germania è il Paese più popoloso e la maggiore economia dell’Unione, le forze armate tedesche dovranno diventare le “meglio equipaggiate” d’Europa: aggiungendo che “la Germania è pronta ad assumere un ruolo guida, ad assumere la responsabilità della sicurezza del nostro continente”, affrettandosi a precisare però, a scanso di equivoci, che “questo obiettivo non dovrebbe esser visto come una minaccia dai nostri amici e dai nostri partner Europei, al contrario si tratta di una garanzia2.
Interessante a questo punto notare che il sabotaggio ai condotti Nord Stream, nella cui proprietà la Germania è da sempre presente accanto alla Russia, sia puntualmente avvenuta nel giro di una settimana. Siamo dunque nella “quarta dimensione” anche di questa guerra?

Ci dobbiamo quindi rendere conto che questo conflitto, probabilmente apertosi come una trappola in cui la Russia è caduta, nel momento in cui gli Stati Uniti attraversano una crisi epocale, ha come vero obiettivo impedire la formazione di un polo politico-economico (e potenzialmente militare, a sentire Sholz…) europeo, che avrebbe potuto e dovuto includere la Russia — essendo quindi in grado di porsi come fattore di equilibrio mondiale, nella prospettiva di una crescente competizione fra Cina e Stati Uniti.

Gli Ucraini, non accedendo ad una soluzione negoziata del conflitto, ma anzi prestandosi come esecutori in episodi come l’uccisione della figlia del filosofo russo Dugin o l’esplosione sul ponte della Crimea, divengono puro strumento anche della ”quarta dimensione della guerra” anglosassone, dimenticando quanto le garanzie degli Alleati abbiano valso, ad esempio nei confronti della Polonia, nella Seconda Guerra Mondiale.

È questo che governi come quello italiano, invece di ribadire prontamente il proprio assoggettamento alla Nato prima ancora di costituirsi, dovrebbero far capire agli Italiani, e poi agli Ucraini, ai Russia, agli Europei.

Eppure gli Italiani ben conoscono, dalla Seconda Guerra mondiale e dal secondo dopoguerra, quali siano gli effetti per la sovranità di un popolo degli Arcadia Plan alleati.

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Note
  1. W. Barr, One Damn Thing After Another: Memoirs of an Attorney General, 2022.
  2. si veda la comunicazione in https://twitter.com/dw_politics/status/1570725809186377728