Viva la Libertà!

Credo di essere uno dei pochissimi italiani, non facenti parte dell’establishment, ad essermi trovato faccia a faccia con Draghi. È accaduto il primo gennaio del 2016 nella Basilica di Sant’Antonio a Padova.

Ero alla Messa di Capodanno e, prima che finisse, mi alzai di scatto dalla panca e senza guardare mi infilai nel corridoio. Per poco non sbattei proprio con lui, Mario Draghi. Stava seguendo la funzione in piedi con la moglie al fianco. Mi fermai di colpo, e l’allora presidente della BCE mi guardò negli occhi ed accennò un sorriso ed un saluto con il capo. Ricambiai il cenno, uscii rapidamente dalla chiesa e fuori notai il servizio di scorta. Mai avrei immaginato che quell’uomo dal sorriso a fessura e gli occhi a sangue freddo, sarebbe stato di lì a pochi anni il presidente che avrebbe cercato di togliermi ciò che è più connaturato alla mia essenza, cioè la mia libertà.

C’è un delizioso film del 2013 nel quale un magistrale Tony Servillo interpreta il fratello gemello di un importante politico. Questo politico entra in crisi e si fa sostituire sulla scena pubblica appunto dal suo gemello, il quale però è affetto da depressione bipolare. Sta di fatto che questo gemello si cala nella parte a modo suo e si mette davvero a fare politica, scevro da ogni ipocrisia e dicendo sempre la verità, spiazzando i politici di professione e facendosi amare dalla gente.

Questo personaggio mi ha sempre ricordato l’ultimo Francesco Cossiga. Quello che, dopo una vita da statista compassato e dopo averne fatte e viste di tutti i colori, diventa il Picconatore – ed inizia a dire quello che pensa senza alcun riguardo diplomatico. Denuncia e accusa il sistema, conoscendolo dall’interno ed essendo al corrente di tutti i segreti della Repubblica. Si diceva che fosse impazzito e che soffrisse proprio di disturbo bipolare. Esattamente come il Servillo del film. Probabilmente, il regista Roberto Andò si è lasciato ispirare proprio da Cossiga.

Ebbene, in una trasmissione RAI di parecchi anni fa, condotta da Luca Giurato, l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga disse di Mario Draghi queste testuali parole: «è un vile affarista. Non si può nominare premier chi è stato socio della Goldman Sachs, grande banca d’affari americana». E ancora: «Draghi è il liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, dell’industria pubblica italiana.» Fa effetto riascoltare queste frasi proprio nei giorni in cui Draghi, da primo ministro, impone il lasciapassare sanitario a tutti gli italiani.

E fa ancora più effetto sentire le parole di Cossiga quando il coro ipocrita e servile dei politici ridotti a comparse, dei giornalisti pennivendoli e di tanti italiani storditi da due anni propaganda incessante, non fa che lodare e intonare peana al nuovo “uomo della Provvidenza”. Così lo ha definito il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinal Gualtiero Bassetti, il quale, in un riflesso pavloviano, certifica, con un parallelo storico significativo, i tratti autoritari del premier italiano.

Dico autoritari, perché definirli schiettamente dittatoriali come meriterebbero, pare che non stia bene. La definizione più giusta del cosiddetto Green Pass è: un vile ricatto (ricordate Cossiga?). Come non si può non considerare vile e ricattatorio un provvedimento che impone ad un lavoratore di assumere un farmaco sperimentale oppure di restare senza stipendio? O ad un ragazzino di essere additato come untore in classe, perché non sottoposto al siero? Oppure ad una bambina di non poter più andare a danza perché i genitori hanno legittimi dubbi sui possibili effetti avversi? Come possiamo non indignarci e non definire vile e ricattatorio tutto ciò, solo in nome delle buone maniere o di un ipocrita mostrarsi moderati, o peggio ancora per paura e opportunismo? Non è più il tempo degli equilibrismi, “la vita è un arruolarsi”.

Io non so se Draghi sia un uomo vile. Se avessi conosciuto il futuro, forse lo avrei verificato personalmente quel primo gennaio del 2016 nella Basilica di sant’Antonio a Padova. Sull’affarista però qualcosa si può dire. Ha guidato il processo di privatizzazione delle grandi imprese pubbliche italiane come presidente del Comitato di Governance, relazionandosi, fra le altre, con quella Goldman Sachs che è stata fra le principali istituzioni finanziarie che hanno preso parte al programma di privatizzazioni del Paese. Ha svolto quel ruolo fino al 2002 e in quello stesso anno, senza soluzione di continuità, ha mollato il Ministero del Tesoro per andare a fare il dirigente strapagato proprio alla Goldman. Ciascuno giudichi con il proprio metro.

Naturalmente, il film con Servillo/Cossiga si intitola Viva la libertà!

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