Fallimenti della strategia dell’obbligo vaccinale

Speravamo di non dover tornare sulla questione pandemia, perché molti altri e gravi sono i temi di cui si dovrebbe discutere oggi. Tuttavia, quando è il New York Times a confermare quello che clarissa.it ha segnalato già da qualche tempo, non possiamo non riprendere l’argomento.

Il 18 agosto scorso, infatti, un articolo di Isabel Kershner sull’autorevole quotidiano statunitense solleva, sia pure timidamente, la questione dell’efficacia dei vaccini, partendo dal caso Israele. Il sottotitolo è esplicito al riguardo.

«Una delle società più vaccinate, Israele, ha ora uno dei più alti tassi di infezione al mondo, sollevando dubbi sull’efficacia del vaccino».

Lo Stato ebraico infatti costituisce ad oggi il modello della strategia vaccinale totalitaria, quello direttamente adottato (e vorremo sapere perché…) anche dall’Italia, che pure ha condizioni demografiche e socio-economiche significativamente diverse.

«La stragrande maggioranza della popolazione anziana di Israele aveva ricevuto due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech entro la fine di febbraio, e ora circa il 78% della popolazione dai 12 anni in su è completamente vaccinata».

Il sogno della trimurti governativa italiana Draghi-Speranza-Figliuolo si è dunque materializzato nello Stato ebraico: vaccinare tutti dai 12 anni in su. Perfetto! Quali ne siano i risultati effettivi, lo spiega la giornalista:

«I dati pubblicati dal Ministero della Salute israeliano alla fine di luglio hanno suggerito che il vaccino Pfizer era efficace solo per il 39 per cento nel prevenire l’infezione nel Paese alla fine di giugno e all’inizio di luglio, rispetto al 95 per cento da gennaio all’inizio di aprile».

L’obiettivo originario, cioè evitare i contagi, che veniva sbandierato un anno fa per giustificare i massicci acquisti dei sieri sperimentali elaborati e prodotti in fretta e furia dalle grandi multinazionali, sembra miseramente fallito.
I vaccinisti si consolano affermando che il vaccino è stato efficace per oltre il 90% nel prevenire non meglio precisati disturbi gravi.
Sta di fatto che, come qui già segnalato sulla base di fonti israeliane, la percentuale di vaccinati con doppia dose fra i decessi è significativamente alta.
Nell’articolo, si comincia quindi a insinuare il legittimo dubbio di un rilevante calo di efficacia del vaccino nel tempo: la strategia vaccinista invoca a questo punto la terza dose, invece di constatare i deludenti risultati dell’esperimento, come logica vorrebbe.
Giunge per fortuna, in chiusura dell’articolo, l’affermazione di un medico non sospetto di irriducibile simpatia no-vax, il prof. Nadav Davidovitch, esperto di salute pubblica e membro del comitato consultivo del governo israeliano, il quale ricorre al puro buon senso:

«Le vaccinazioni avrebbero dovuto risolvere tutto. Ora capiamo che i vaccini non bastano».

Il mito dell’invulnerabilità per chi fa il vaccino sembra finalmente caduto.
E allora? Non dovremmo avere in Italia un immediato dibattito sulla validità concreta della strategia totalitaria imposta dalla trimurti vaccinista?

Obbligo vaccinale e effetti indesiderati

Non è tutto. Infatti, completamente ignorata dai media nostrani, il 13 agosto scorso la portavoce dell’OMS, Fadela Chaib, ha affermato che l’organizzazione internazionale «è contraria a qualsiasi obbligo vaccinale» e che invece «occorre spiegare alla popolazione il funzionamento dei vaccini e la loro importanza» – posizione quindi anch’essa ben diversa da quella del governo italiano.
Anche qui non è chiara la ragione per cui i nostri responsabili politici, sempre proclamatisi in linea coi dettati dell’OMS, non paiono tenere in alcun conto questa recente e netta affermazione.
Un’affermazione le cui origini sono sicuramente più di una: intanto il fatto che i vaccini sono diventati un discutibile privilegio dei Paesi ricchi, a scapito del resto del mondo – il che non sembra rientrare nella logica umanitaria sbandierata dalle democrazie occidentali.
Un secondo elemento che suggerirebbe prudenza invece che fanatismo vaccinista è che i dati sugli effetti indesiderati dei vaccini nel breve termine sembrano dimostrarsi piuttosto seri.
Si possono cercare nel sito comunitario Eudra Vigilance, anche se esso è strutturato in un modo singolarmente criptico, in quanto i vaccini contro il virus non sono raggruppati in un’unico database, ma occorre andarsi a esaminare prodotto per prodotto i relativi dati: Moderna, Pfizer Biontech, Astrazeneca, Janssen.
Con un po’ di pazienza, e cercando di non commettere errori di calcolo, si arriva comunque a totali piuttosto rilevanti: 1.509.266 effetti indesiderati dichiarati nei soli 27 Paesi UE, dei quali oltre 750mila gravi, con 15.472 decessi.
Il tutto tenendo sempre conto del fatto che la procedura di segnalazione di questi effetti è talmente farraginosa da scoraggiare chi ne fosse stato colpito, avendo questi ben altro a cui pensare – a maggior ragione familiari ed amici.
Se combiniamo quindi queste cifre con la scadente efficacia dell’esperimento totalitario israeliano, la persona di normale buon senso qualche dubbio potrebbe cominciare ad averlo, senza nemmeno dover scomodare chissà quali approcci scientifici: nonostante anche qui comincino a levarsi voci dubbiose e critiche in autorevoli riviste di divulgazione, come Nature e Lancet.

Lealtà verso il nostro popolo

Il richiamo all’esigenza di verità, già elevato da clarissa.it, dovrebbe risuonare sempre più forte nell’opinione pubblica, almeno quella non addormentata da terrore o menefreghismo.
Sembra ne senta bisogno persino l’OMS, che pare qualche “errorino” non da poco l’abbia commesso fin dagli inizi della pandemia: il 12 agosto scorso, infatti, l’OMS dichiarava pubblicamente che è necessario rivedere a fondo la questione dell’origine del virus – dal momento che una vasta produzione scientifica ha oramai messo seriamente in dubbio la puerile spiegazione di una trasmissione del SARS-CoV-2 dagli animali all’uomo.
In Italia restano poi pendenti gli interrogativi su come la nostra classe dirigente, già al corrente della questione dai primi di gennaio del 2020, abbia agito o reagito da allora ad oggi: la perdurante secretazione di molti documenti non giova certo alla reputazione di una classe dirigente che, in tema di segreto di Stato, non gode certo di buona fama. Per non parlare di singolari giochetti come quello di eliminare un passaggio fondamentale nella traduzione italiana del reg. 953/21, singolare censura di cui clarissa.it si è tempestivamente occupata.
Come ha bene detto a quest’ultimo proposito un giurista di alto livello, Paolo Sceusa, in un recente pubblico appello ai libertari, al quale ci associamo in toto, il rischio è la rottura del patto fiduciario tra popolo e classe dirigente.

Rottura che, come ben sappiamo, dal XVIII secolo almeno in poi, giustifica la delegittimazione di un’autorità politico-statale costituita, con tutte le (pericolose) conseguenze del caso.

Attenzione, dunque. Molta attenzione.

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