Obbligo vaccinale dei professori? C’è chi non ci sta

È in corso una delicata partita sulla scuola: il governo  sembra voler estendere agli insegnanti ed agli alunni l’obbligo vaccinale, in vista della ripresa scolastica. Nella linea Draghi, per garantire la ripresa economica ed evitare i lock down, l’unica strategia è appunto quella vaccinale: una visione assai semplicistica, a dire il vero, che riflette gli schemi mentali di chi è abituato ai calcoli finanziari, non certo alla realtà umana di una società civile complessa come quella italiana.

La questione è per molti aspetti interessante: gli insegnanti sono da quasi due anni in prima linea, in mezzo alle ondivaghe bizze di ministri che hanno proposto di tutto, ma realizzato ben poco, di quello che effettivamente gli insegnanti chiedevano per affrontare l’emergenza.

Agli insegnanti non sono stati riconosciuti meriti particolari, com’è avvenuto ad esempio per il personale medico: eppure in tanti si sono presi il loro bel coronavirus zitti zitti senza tanti lamenti, affrontando ogni giorno il contatto con decine di studenti, anche in presenza; oppure hanno gestito la transizione ad una didattica a distanza che rende ancora più complessa l’interazione con gli alunni.

Hanno diligentemente completato i loro programmi, barcamenandosi tra aula e DaD, con uno spirito di adattamento ed una professionalità che avrebbe meritato certo maggiore riconoscimento pubblico, da parte sia del Paese che delle autorità di governo.

In realtà, nessuna delle misure strutturali che avrebbe efficacia concreta ha trovato applicazione: non l’intensificazione nel numero di mezzi e nella frequenza dei trasporti scolastici; non la riduzione del numero di alunni per classe, e la conseguente moltiplicazione delle classi; non la disponibilità di più spazi fisici dove lavorare;  non una maggiore flessibilità nell’organizzazione didattica, che ancora si scontra con pianificazioni ministeriali sempre più calate dall’alto; non chiare informazioni sulla diffusione del virus negli istituti e nelle classi, dati spesso trattati come top secret.

Nella partita sui vaccini, quindi, la scuola diventa un passaggio fondamentale: chi vuole imporre il modello unico di contrasto al virus, tramite i soli vaccini, non tollera che ancora 220mila insegnanti abbiano continuato a fare il loro lavoro senza bisogno di vaccinarsi; chi invece nell’imposizione della vaccinazione vede una limitazione inaccettabile di diritti fondamentali, trova fra gli insegnanti un seguito qualificato.

Perché i docenti sono un gruppo sociale mediamente più acculturato, hanno vissuto in primo piano tutti i disagi della pandemia e delle chiusure, sono in contatto ogni giorno con ragazzi e relative famiglie, di cui conoscono bene angosce e frustrazioni, leggono e si documentano, facendo uso quotidiano di quel pensiero critico che è loro compito trasmettere ai loro alunni.

Il rischio quindi che la strategia totalitaria del governo possa imbattersi in un osso duro, imponendo la scelta “o ti vaccini o ti taglio lo stipendio“, è molto alto – con conseguenti contenziosi legali, che potrebbero fare emergere le molte falle giuridiche nella stratificazione dei provvedimenti governativi di questo lunghissimo abbondante anno e mezzo.

Non basta: la scuola è un settore dove i sindacati toccano con mano la loro più generale crisi di rappresentatività. La proliferazione di sigle non ha arrestato l’emorragia di iscritti, per cui non saper cogliere lo stato d’animo che corre fra gli insegnanti potrebbe voler dire un’ulteriore fuga dal sindacato di tanti docenti disillusi, o addirittura la formazione di sindacati di nuovo tipo, più a contatto con la realtà viva delle scuole.

Dal 27 luglio, a Roma, la scuola è in primo piano, perché le organizzazioni della categoria sono state chiamate a rapporto dal ministro dell’istruzione e dallo stesso Draghi. Un passaggio decisivo, soprattutto se il governo vorrà tentare, con un “golpe estivo”, di imporre l’obbligo vaccinale al settore, approfittando del momento in cui le scuole sono di fatto chiuse… I sindacati dovranno quindi valutare bene la posizione da assumere; il ministero dovrà fare bene i conti sugli effetti di una possibile opposizione, anche da parte di solo una minoranza di docenti; le forze di governo, dovranno pesare attentamente la ricaduta elettorale sulle prossime amministrative…

È notevole in questo delicato momento il fatto che i docenti che non ritengono sia giusto imporre il vaccino si stanno organizzando attivamente in modo spontaneo, regione per regione ed a livello nazionale, precisando, è bene dirlo, che la loro posizione non è acriticamente contraria ai vaccini: più semplicemente, essi chiedono il rispetto di una libera scelta sulla propria salute, richiamandosi alla sostanza dell’art. 32 della Costituzione.

Sembra che le Marche siano particolarmente attive in questo: ieri, un gruppo di oltre 150 docenti della regione, che si è chiamato “Docenti Uniti per la Libera Scelta“, ha infatti elaborato, e inviato a tutti i sindacati della scuola, un documento tecnico, che potete scaricare alla fine dell’articolo, assai accuratamente argomentato.

Con esso si invitano i sindacati a tenere in considerazione il diritto di libera scelta degli insegnanti, evitando assurde contrapposizioni, ghettizzazioni e discriminazioni all’interno della scuola, in un momento in cui si deve invece dimostrare al Paese ed alle nuove generazioni la capacità di conciliare salute pubblica e diritti individuali – cosa tecnicamente possibile ed eticamente doverosa.

Come sempre da vent’anni, clarissa.it è attenta alle visioni critiche della realtà presente, passata e futura: non ci dispiace affatto quindi, grazie alla cortese condivisione da parte di questi insegnanti, offrire alla riflessioni pubblica un’interpretazione delle cose non allineata al mainstreaming mediatico di oggi, quando essa è chiara, ben documentata e senza secondi (o terzi) fini.

Scaricate qui il documento e buona lettura!

Lettera ai sindacati su libertà di scelta vaccinale

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