Sistema italiano e pandemia

Tutti nei media accusano tutti di fake news, britannica espressione per significare in buon italiano falsità o menzogna.
L’impressione è che ve ne sia certo un’epidemia: ma informazioni non vere, false o falsificate arrivano in massima parte proprio da chi ha il potere ed il dovere di accertare e comunicare informazioni affidabili, in primo luogo i governi attuali.

Responsabilità politiche

Vi è poi l’omissione di verità: ovvero il silenzio che proprio gli stessi pubblici poteri osservano rigorosamente sulle notizie che ne mettono in questione l’attendibilità.
Partiamo proprio da qui.

L’inchiesta che la magistratura di Bergamo sta conducendo sulle vittime della prima fase della pandemia in quella zona, ha confermato in questi giorni le basilari informazioni su cui clarissa.it si è correttamente soffermata fin dalle prime settimane della crisi.

Noi abbiamo ricordato infatti a suo tempo l’esistenza di studi italiani, di provenienza militare, che indicavano con chiarezza quello che si sarebbe dovuto fare, e di cui, per ragioni ad oggi inspiegate, non si è tenuto conto.

Le relazioni del prof. Pier Paolo Lunelli, poi, di cui abbiamo dato ampia informazione (tra i pochissimi in Italia) in agosto, in merito al non aggiornamento e alla non messa in atto dei piani di emergenza sanitaria, pure obbligatoriamente prescritti dall’OMS, dimostrano la gravissima responsabilità dell’intera classe dirigente italiana, che negli ultimi quindici anni è rimasta assisa nelle poltrone del potere senza preoccuparsi di compiere questo basilare adempimento. Questo, nel mentre dettava costose prescrizioni e regole spesso farraginosamente inapplicabili, in ogni materia ed in ogni settore, ai cittadini ed alle imprese italiane.

Sorprende il fatto che nessuna delle forze politiche che siedono in Parlamento abbia ritenuto doveroso formulare in questi giorni la benché minima risposta, quando queste documentate accuse sono state palesate dalla stampa. Pensavamo che su cose del genere, piuttosto che sui giochetti di potere cui stiamo assistendo, era opportuno vi fosse una crisi di governo.

Osservatori minimamente interessati al futuro dell’Italia, davanti a questi dati di fatto e a questi vergognosi spettacoli di trasformismo parlamentare, dovrebbero infatti cominciare a parlare non più di crisi di governo ma di crisi di un intero sistema: della necessità cioè di un cambiamento strutturale dell’organizzazione del potere pubblico e della rappresentanza popolare, difronte ad una dittatura partitocratica che non intende prendere atto del proprio fallimento.

Manipolazione dei dati

Ulteriore, impressionante conferma ne è il balletto sugli indicatori del contagio, che sta portando ora ad un interessante scontro fra Regione Lombardia e governo centrale: interessante perché, in presenza di cifre non concordi, una sola cosa è certa – qualcuno le ha manipolate!

Se questo verrà dimostrato per la Lombardia, dovremo cominciare a chiederci in quante altre Regioni italiane e in quanti altri casi sono state, dolosamente o colposamente, praticate altrettali manipolazioni.

Ma ancora più grave è diventata l’assuefazione alla media di circa 500 vittime al giorno che la pandemia porta con sé, a quasi un anno dal principio del dramma. Ci è stato ripetuto per tutto novembre che queste vittime erano il frutto della ripresa dei mesi precedenti, e che il loro numero sarebbe andato declinando via via che si sarebbero ridotti i ricoveri.

Niente vero: le persone continuano a morire ad un ritmo tanto costante da apparire fisiologico. Perché? Soprattutto, perché nessuno dei soloni medici e politici che pontificano ogni giorno nei media fa questa domanda o azzarda una spiegazione? Non è forse il caso di interrogarci su cosa sta avvenendo negli ospedali? Magari umilmente avanzando il dubbio che qualcosa, ma cosa?, non stia funzionando?

Dov’è finito il V-Day sui vaccini?

La dimostrazione dell’incapacità strutturale delle nostre classi dirigenti e della disfunzionalità del sistema nel guidare il nostro Paese, l’abbiamo evidente dinnanzi agli occhi sulla questione dei vaccini.

Per due mesi gli Italiani sono stati bombardati da una martellante propaganda, che presentava come una clamorosa vittoria, addirittura come un successo senza precedenti nella storia dell’umanità, l’arrivo dei vaccini – che avrebbero finalmente posto fine alle morti, alla paura, alla paralisi delle attività economiche.

Qualcuno dei nostri lettori ricorderà certamente le roboanti proclamazioni sul 27 dicembre quale giorno della vittoria, quasi un rinnovato Vittorio Veneto. Ricorderà forse anche gli articoli da noi pubblicati, con cui invitavamo ad un maggior realismo. Ebbene, il quadro attuale conferma questa come una delle più clamorose fake news del secolo.

Scopriamo, come da noi già spiegato, che le aziende farmaceutiche, nei loro stessi bugiardini, dichiarano di non conoscere gli effetti genetici e sulla distanza dell’impiego dei vaccini.

Le grandi multinazionali oggi comunicano in modo unilaterale che non rispetteranno i tempi di consegna previsti, ragion per cui l’illusoria speranza di arrivare alla cosiddetta immunità di genere slitta di mesi se non di anni – quando sperabilmente il virus avrà magari esaurito per proprio conto il suo corso.

Vaccini & Business

Come se non bastasse, sorgono dubbi sul fatto che questi ritardi, di cui le grandi multinazionali non stanno spiegando le ragioni, potrebbero essere selettivamente dovuti alle condizioni economiche sottostanti, che sono state pattuite con la Commissione Europea e che questa non ha mai rese pubbliche.

Ci troviamo davanti quindi ad una nuova menzogna per omissione. Nel più grande sistema sedicente democratico al mondo, l’Unione Europea appunto, i cittadini non hanno evidentemente il diritto di conoscere a quali condizioni un pool di potenti aziende industriali offre il proprio interessato soccorso a milioni di persone.

Non si conoscono infatti i prezzi delle singole dosi, anche se girano indiscrezioni che rivelano costi incredibilmente diversi, senza alcuna apparente giustificazione economica; non si conoscono le attribuzioni di responsabilità legale in caso di controversie; non si conoscono i termini e le modalità di riconoscimento degli eventuali risarcimenti, in una materia che riguarda comunque, vogliamo ricordarlo, la salute e la vita di milioni di esseri umani.

Nel contempo, si manifestano perplessità in merito al fatto che persone vaccinate contraggono comunque il virus; che vi sono state vittime, dopo la somministrazione del virus, in un Paese come la Norvegia, dotata di un sistema sanitario avanzato, morti sulle quali si sta indagando; che non si è certi della durata della copertura anti-Covid che il vaccino offre a chi lo ha ricevuto; che vi sono dubbi in merito al fatto che gli attuali vaccini siano efficaci anche contro le diversi varianti del virus.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha poi lanciato un appello in merito alla “spartizione” dei vaccini fra i vari Paesi, che lascerebbe aree più povere del mondo, come l’Africa, alla mercé del virus, con una logica che richiama i tempi più oscuri del colonialismo mondiale: «il 95% dei vaccini eseguiti lo sono stati in soli 10 Paesi mentre una sola nazione a basso reddito ha ricevuto 25 dosi».

Invano addita il rischio di una “catastrofe morale”, qualora si confermasse questa sperequazione nell’intervento delle multinazionali a livello globale.

Sorge spontanea quindi la domanda in merito a quante e quali cose le grandi aziende medicali omettono di dire sui loro vaccini.

Di conseguenza, rispetto in particolare a questi ritardi nella distribuzione, di cui non viene data alcuna documentata motivazione, è lecito sollevare il dubbio, e lo facciamo noi qui, che in realtà questi ritardi possano essere dovuti a qualche inattesa scoperta in merito al loro funzionamento.

Azzardiamo questa ipotesi, consapevoli del fatto che saremo così accusati di propalare fake news: ma crediamo che, in assenza di spiegazioni chiare e documentate da parte della multinazionali farmaceutiche, esprimere un dubbio sia non solo lecito ma necessario.

Potere delle multinazionali e governo

L’arrogante condotta di queste aziende mostra un dato storico essenziale, vale a dire che il potere economico-finanziario di cui dispongono le rende di fatto vaccinate contro qualsiasi possibilità del potere politico di imporre loro delle condizioni. Vi è per questo un risvolto, anche di politica nazionale, sul quale non possiamo non richiamare l’attenzione dei nostri quattro lettori. Il governo italiano sta “minacciando” azioni legali contro queste multinazionali.

Ci immaginiamo quanto i loro vertici siano terrorizzati alla sola idea, visto quello che i governi italiani non sono riusciti a fare né nei confronti di Arcelor Mittal per l’Ilva di Taranto, né tantomeno nei confronti di Atlantia dopo la strage del viadotto di Genova, per tacere della recente sconvolgente sentenza a proposito dell’incidente ferroviario avvenuto a Viareggio, anche lì con uno straziante bilancio di vite umane.

Sono tutti segni inequivocabili di un sistema politico arrivato al capolinea, in grado di sopravvivere solo perché sorretto da un vasto intreccio di interessi economici particolari; da una rete mediatica in grado da decenni di manipolare un’opinione pubblica oramai assuefatta a tutto; da strutture di controllo e sicurezza profondamente asservite al sistema partitocratico; da un potere mafioso, anch’esso stabilmente cooperante con le consorterie di partito, che di fatto controlla oramai grandi aree del territorio nel nostro Paese, mediante la forza e mediante lo scambio di favori col potere politico.

Non vogliamo concludere con richiami retorici agli Italiani, anche se il tempo è giunto. Non diciamo quindi, «Italia, svegliati!», come sarebbe necessario gridare: non lo facciamo, perché siamo un modesto giornalino on line, che da vent’anni combatte la sua doverosa battaglia, senza pretendere altro che far circolare idee che spingano a utili riflessioni, ad una crescita di consapevolezza.

Possiamo quindi solo sperare che la gravità di quanto sta accadendo, le dimensioni che abbracciano unitariamente tutti noi, tutto il Paese, possano trasformarsi in opinioni: che esse diventino a loro volta una coscienza condivisa, che da questa si attivi una forza viva di cambiamento.

Questa è la nostra residua speranza, la ragione per cui continuiamo questo nostro lavoro.

 

Photo by Michele Bitetto on Unsplash

Print Friendly, PDF & Email