Covid 19: a che punto è la partita?

Pubblichiamo la traduzione dell’interessante articolo “Medical, Economic, Social, Military: The State of Play” di George Friedman, autore del blog Geopolitical Futures, esponente americano di quel “realismo politico” tipico di certo mondo anglosassone.

Lo troviamo interessante perché dà una misura piuttosto precisa dell’importanza dell’esperienza che le nostre società stanno facendo con il virus.

È da leggere perché mostra l’interazione delle componenti scientifica, socio-economica e politico-amministrativa in questa grave emergenza: questa analisi ci imporrebbe un ripensamento del modo in cui gli Stati attuali sono oggi organizzati seguendo criteri che i fatti stanno dimostrando sempre più superati e non più in grado di fronteggiare emergenze e problemi globali come quelli che oggi riguardano la salute pubblica, così come l’ambiente e il debito mondiale.

Rivolte contro il lock-down

Durante il fine settimana è scoppiata una rivolta in un quartiere povero, prevalentemente musulmano, a nord di Parigi. La causa immediata è stata una violazione del codice della strada e del blocco del coronavirus. La causa più profonda era la convinzione che la polizia stesse usando il blocco come scusa per perseguitare i musulmani. A Berlino, oltre 100 persone sono state arrestate dopo che i manifestanti hanno protestato contro le regole di blocco affrontando la polizia. In Israele, ebrei ultra-ortodossi si sono scontrati con la polizia protestando contro le restrizioni del coronavirus. In Pakistan, ci sono state manifestazioni scatenate dai timori che i passi per affrontare l’epidemia aggravino la fame. Negli Stati Uniti, lo stato della Georgia ha abbandonato la maggior parte dei controlli imposti per il coronavirus e altri stati stanno prendendo in considerazione allo stesso modo un approccio di graduale di uscita dal lockdown. In molte parti del mondo, secondo quanto riferito, un piccolo numero di individui sta iniziando a ignorare il distanziamento sociale e le regole della quarantena.

La resistenza al blocco deriva principalmente da sentimenti che sono riemersi dopo i primi due mesi di relativo silenzio. La tensione tra i musulmani e la polizia parigina è una vecchia storia. Lo stesso vale per il rifiuto degli ebrei ultraortodossi in Israele di sottomettersi alla legge laica e ai regolamenti medici. Le manifestazioni di Berlino e le decisioni di un certo numero di stati degli Stati Uniti sono radicati in una profonda sfiducia nei confronti dei governi nazionali di quei Paesi. Il virus è visto da alcuni come una scusa dell’élite per prendere il controllo della società.

L’attesa di risposte dalla scienza medica

Negli Stati Uniti, la pressione sul sistema medico ha prodotto una certa risposta. Remdesivir, un farmaco che ha lo scopo di mitigare la malattia COVID-19 nella sua fase finale e più pericolosa, a quanto si sa, ha avuto un notevole successo all’Hybour Methodist Hospital. La Food and Drug Administration ha lanciato una nuova iniziativa chiamata Coronavirus Treatment Acceleration Program, che promette di sveltire gli studi sui possibili trattamenti. Ad esempio, il programma si impegna a fornire una revisione ultrarapida del protocollo di ricerca dei trattamenti, entro 24 ore dalla presentazione, in alcuni casi. Chiaramente il governo, di fronte alle pressioni economiche e sociali, sta modificando il ritmo della sua risposta.

Il significato di questo mutamento ha a che fare con il modello che ho presentato all’inizio della crisi. Esso consisteva diquattro componenti: medico-scientifica, economica, sociale e militare; ciascuna di esse interagisce con le altre e, essendo gestita dalla sfera politica, coinvolge l’intero sistema federale e statale, e non solo il presidente. La prima fase è stata controllata dalla componente medico-scientifica, che, non avendo ottenuto alcuna soluzione, ha proposto il blocco come unica opzione. La mia tesi era che la prima conseguenza sarebbe stata il tentativo di controllare l’inevitabile danno all’economia derivante dalla chiusura, che avrebbe indotto il governo a esercitare forti pressioni sul sistema medico-scientifico.

La fase successiva è stata gestita dalla componente sociale, anch’essa sotto una forte pressione, in quanto si oppone alla soluzione medico-scientifica della chiusura. Gli eventi in tutto il mondo sembrano indicare che è in corso la prima fase della resistenza sociale, mentre quello che sembra profilarsi come la possibilità, più rapida del previsto, di un trattamento medico, il Remdesivir appunto, è indicativo della pressione esercitata sul sistema medico-scientifico. Ho una visione meno approfondita di quest’ultima componente rispetto alla prima, quella sociale, ma, indipendentemente dal fatto che la pressione sia stata imposta o si sia generata internamente, una potenziale soluzione medica è emersa più rapidamente di quanto gli esperti medici ritenessero possibile.

La pressione sulla società

La crisi è quindi entrata in una nuova fase. Mentre la chiusura totale si trova difronte crescenti pressioni economiche e sociali, emerge la proposta di una soluzione medico-scientifica. Ciò non significa che una soluzione si materializzerà effettivamente, o che eliminerà la malattia, ma cambierà la dinamica della malattia. È importante capire che la resistenza politica, e particolarmente sociale, alla chiusura totale rappresenta semplicemente l’inizio di quello che sarà un movimento in via di accelerazione. È prevedibile il riemergere di problemi di fondo. Di importanza molto maggiore sarebbe l’accettazione dell’epidemia, accettando il rischio di morte piuttosto che continuare con le misure protettive. È difficile valutare il modo in cui gli individui si assumono rischi del genere, ma ci sono abbastanza indicatori di resistenza per prenderli sul serio, al di là di movimenti politici che si manifestano.

In questo momento, la maggior parte delle persone preferirebbe mantenere le restrizioni impostegli. Anche negli Stati che abbandonano le regole, molti continueranno a seguirli. Ma la curva di coloro che non sono disposti a seguirli, anche quando sono obbligati, accelererà. Ciò sarà particolarmente vero per i poveri, che tendono a vivere in piccoli appartamenti con pochi servizi, in luoghi in cui rimanere rinchiusi con i bambini non è solo un inconveniente, ma un peso che si aggrava progressivamente, fino a diventare insostenibile. La situazione è meno difficile per chi ha un domicilio più spazioso, ma l’evoluzione è simile.

I movimenti politici che stanno nascendo si alimentano principalmente dei loro tradizionali aderenti. Ma, se non viene trovata alcuna contromisura medica ed il blocco continua, quei movimenti si amplieranno, non tanto per un’adesione ideologica, ma perché incidentalmente rispondono ad una situazione socialmente percepita come insopportabile. I bambini socializzano meno con i genitori che con altri bambini. L’interazione al parco giochi insegna loro la realtà della vita. L’idea che un bambino possa essere sottratto a quella modalità di socializzazione per un lungo periodo di tempo è irrealistica, ma è l’unica soluzione che il sistema medico-scientifico ci ha fornito finora.

Un poker sociale

Vi è la comune convinzione che la morte sia la cosa peggiore che può capitare a un essere umano, e non debba quindi mai essere rischiata. Empiricamente tale argomento non è vero. Circa 40.000 americani sono stati uccisi l’anno scorso in incidenti stradali. Ogni volta che giri la chiave d’accesione dell’auto, inizi una piccola partita con la morte. Eppure le persone continuano a guidare. Ci sono quelli che scelgono di scalare l’Everest, sapendo che la morte li attende ad ogni angolo; e c’è gente che sceglie di assumere droghe, che a tempo debito li uccideranno. In ogni azione che gli esseri umani intraprendono, corrono il rischio di morire. La vita è sempre una partita, che inevitabilmente perdiamo (da qui i miei scritti sul poker).

Questo è il potere della componente sociale. Non ha una visione stabile e assoluta del rischio, ma fa un calcolo della probabilità di perdere la scommessa, e della sofferenza da subire se non assumere quel rischio. In un piccolo squallido appartamento della classe operaia a Parigi, la relazione tra il rischio ed il peso da sopportare per questo stile di vita cambia molto rapidamente. In ambienti più spaziosi e separati, la curva evolutiva è diversa. Anche per un millennial che vive da solo e mantiene i contatti sociali tramite messaggi di testo, il desiderio di un buon bicchiere di latte può essere decisivo.

La pressione cumulativa dell’attuale sistema inevitabilmente supererà per molti la paura della morte. A lungo termine, la scommessa è tra la vita e la morte: e la vita che molti vivranno tra qualche mese non avrà più il valore di prima. La tragedia della vita umana si esprime nel fatto che il suicidio è una delle 10 principali cause di morte negli Stati Uniti. Fatti del genere ci dicono tragicamente che proteggere la nostra vita non è un dato assoluto e che empiricamente molti scelgono la morte. La pressione esercitata prima che sia necessario effettuare tale scelta ci dà ampio tempo per risolvere il problema. E l’attuale soluzione, da un punto di vista sociale, non può essere altro che molto temporanea.

La componente economica della crisi

Siamo solo all’inizio della rivolta sociale, così come organizzata politicamente. La vera rivolta sarà costituita dal fatto che ogni individuo ricalcolerà il valore della mano che sta giocando, rispetto al rischio che potrebbe correre. Inevitabilmente, e con l’accelerarsi dei fenomeni, le restrizioni per il controllo della malattia crolleranno per molti, e quindi per la società intera. Aggiungete a ciò il danno economico; la domanda allora non sarà più “se”, ma “come” ne verremo fuori, e se potremo venirne fuori senza accettare il virus come una minaccia permanente con cui dover convivere.

La pressione sul sistema medico-scientifico, per andare oltre il blocco come unica soluzione, proviene dalla componente economica e dall’emergente riluttanza sociale ad accettare le restrizioni. La variabile è il tempo; il progresso medico ha un adamento graduale, cosa questa da apprezzare. Ma quella di oggi è una situazione straordinaria, e quindi la domanda diventa: quali altri Remdesivir si nascondono nei laboratori? Velocità significa incorrere in alcuni rischi, ed il campo medico è avverso al rischio. Ma fronteggiare la prima ondata della resistenza della componente sociale, affrontando la scommessa, sembrerebbe prudente.

Quindi il sistema medico-scientifico, con il lockdown, ha aperto la partita. Poi, l’economia ha alzato la posta in gioco, con il suo quasi tracollo. Ora si percepisce che anche il sistema sociale sta diventando irrequieto. La mano torna alla medicina, e, mentre tutti noi vorremmo scommettere sapendo di vincere, di solito le cose non vanno mai così. Così la mossa torna ancora una volta agli scienziati: vedranno o rilanceranno?

testo originale dell’articolo in lingua inglese

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