Vincitori e vinti: in memoria di Giampaolo Pansa

Nell’epoca in cui il divieto di revisione storica è diventato legge in molti di quei Paesi che pure vantano le proprie radici illuministe, è doveroso rendere omaggio alla memoria di Giampaolo Pansa, giornalista, scrittore e pubblicista che, senza mai rinnegare le proprie scelte di fondo, ha avuto il coraggio di affrontare con rigorosa ricerca di obiettività uno dei temi più delicati e fondamentali per l’Italia del nostro tempo e del nostro futuro: quello della guerra civile 1943-45.

Per la storia dei vinti

Egli merita questo omaggio perché, pur essendo senza dubbio un serio e coerente antifascista, ha deciso, da un certo momento in avanti di una carriera di scrittore lunga produttiva e di successo, di indagare quello che è stato vissuto dagli sconfitti della guerra mondiale e della guerra civile, dando un’importante contributo per una oggettiva ricostruzione della tragica fine del fascismo repubblicano.

Ciò facendo, ha dovuto anche dare atto, con pari coraggio, delle mitizzazioni che una vulgata storica acriticamente celebrativa ha sovente adottato per pure ragioni politiche: senza cioè voler prendere in considerazione errori e orrori, ambiguità e compromessi pure presenti nella storia della Resistenza.

Attingendo a testimonianze e a fonti dirette, che gli hanno consentito di scoprire pagine ignote, o non sufficientemente considerate nella loro drammatica importanza da storici di parte, Giampaolo Pansa ha fornito un contributo storiografico che, se ben compreso, dovrebbe porre fine a quell’insidiosa guerra civile ideologica che si è voluto e ancora si vuole alimentare nel nostro Paese.

Memoria e Patria

Se è infatti doveroso per un popolo coltivare la memoria del proprio passato, come oggi ritualmente si invoca fin dal livello delle massime autorità del Paese, occorre che questa memoria sia la memoria di tutti, dei vincitori come dei vinti, se si tiene a che quel Paese effettivamente abbia identità e coscienza unitarie. Diversamente, il richiamo alla memoria non è altro che la santificazione di sanguinose divisioni che, come tali, potrebbero in ogni momento riprodursi.

Qui si tocca un punto essenziale, che Pansa ha in qualche modo percepito: vale a dire che il superamento del clima di una guerra civile è possibile solo a quanti mediante la memoria storica, nell’equanime considerazione delle ragioni e delle azioni di vincitori e vinti, formano e consolidano quel “pensiero d’amore” nel quale Giuseppe Mazzini vedeva incarnarsi la Patria di un popolo.

Chi, nella guerra come nella pace, non sa cogliere l’importanza di questo vincolo unificante di un popolo, preferendo dipendere da stimoli ideologici e politici esterni ed estranei, non potendo intendere cosa davvero sia la memoria di un popolo, non potrà nemmeno comprendere il valore di Giampaolo Pansa: il coraggio civile dell’uomo e l’importanza della sua opera.

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