Nasce il Council on Foreign Relations, 30 maggio 1919

Mentre a Parigi fervono le complesse trattative sul riordino del mondo dopo la Grande Guerra, il 30 maggio del 1919,  un selezionato gruppo di studiosi britannici e statunitensi si riunisce all’Hotel Majestic, sede della delegazione inglese alla conferenza, per discutere della futura collaborazione fra i due Paesi.

Usa e Gran Bretagna riuniti dalla Grande Guerra

Occorre infatti ricordare che, per tutto il XIX secolo, e oltre, i rapporti fra Stati Uniti e Impero inglese non erano stati per niente facili, nonostante la comune matrice culturale anglo-sassone. Gli statunitensi rimproveravano alla Gran Bretagna la sua natura monarchica e oppressiva, la sua volontà imperiale; gli Inglesi consideravano gli Usa un figlio ribelle nella famiglia anglosassone, e via via un sempre più pericoloso concorrente industriale, commerciale, finanziario e, dalla guerra ispano-americana di fine Ottocento, anche imperiale.

La Grande Guerra rappresentava, almeno per alcuni settori delle rispettive classi dirigenti, una svolta epocale nelle relazioni transatlantiche, grazie alla collaborazione instauratasi durante il conflitto: una collaborazione che ha realmente marcato da allora fino ai nostri giorni la storia mondiale.

È in questo contesto, non a caso, che l’incontro all’Hotel Majestic (del quale vedete una foto di gruppo) avvia anche la nascita di uno dei più importanti e discussi think-tank contemporanei, la cui influenza nell’elaborazione delle grandi strategie imperiali anglo-sassoni non può davvero essere sottovalutata. Da quella riunione scaturiva per il momento la proposta di denominare la nuova organizzazione Anglo-American Institute of International Affairs, con un ramo a Londra ed uno a New York.

Il ruolo di The Inquiry

In questo incontro confluisce da parte americana uno dei più significativi esempi di come gli Usa affrontano la politica mondiale, facendo ricorso in primo luogo a grandi concentrazioni di forze intellettuali.

Oltre una ventina dei partecipanti americani fanno infatti parte di quel gruppo di studio, per dir così, costituito in modo assai informale, con un semplice dispaccio presidenziale di Woodrow Wilson al suo segretario particolare, il famoso colonnello Edward M. House, il 2 settembre del 1917.

Noto come the Inquiry, il gruppo di giovani studiosi, per lo più selezionati da Walter Lippmann, uno degli uomini determinanti nella politica Usa del XX secolo, arrivò a contare la bellezza di 1300 intellettuali, fra storici, geografi, etnografi, studiosi del mondo classico, ed economisti, che utilizzavano una vasta documentazione di tipo geo-politico, per lo più fornita dalla Società americana di geografia e dalla Biblioteca del Congresso americano.

The Inquiry si dimostrò capace di una produzione intellettuale di dimensioni industriali, avendo elaborato in pochi mesi qualcosa come 2000 relazioni e 1200 mappe, che costarono al contribuente americano la bellezza di 241mila dollari del tempo.

Il loro apporto nel disegnare i futuri assetti territoriali europei, comprese le complesse questioni etniche che hanno poi martoriato la storia europea nel decennio successivo, fino allo scoppio di un nuovo, secondo conflitto mondiale, è stato, ancorché poco conosciuto, davvero determinante, in quanto forniva ai politici la base documentale delle loro prese di posizione: nel caso italiano, ad esempio, fornirono un negativo responso in merito a Fiume italiana, con le ben note conseguenze nella storia del nostro Paese.

Il matrimonio con l’alta finanza Usa

Al loro ritorno in patria, forti di un’esperienza praticamente unica fino a quel momento nella storia mondiale, il neo-costituito istituto si trovò difronte al classico problema di disporre, a fronte di un immenso potenziale diplomatico e scientifico, di una limitata disponibilità di fondi. Fu proprio a questo punto che si profilò una seconda decisiva opportunità per gli esperti di The Inquiry.

Fin dal giugno 1918, infatti, un altro, forse ancor più importante, gruppo di influenza si era costituito intorno all’ex segretario di Stato del presidente Theodor Roosevelt, l’avvocato Elihu Root, che nel 1912 aveva ottenuto il premio Nobel per la pace, per i meriti acquisiti nella sua opera diplomatica, in particolare nei confronti del Giappone.

Questo secondo gruppo, denominatosi Council on Foreign Relations, era costituito da oltre un centinaio di autorevoli dirigenti di banche, aziende commerciali e finanziarie, insieme a numerosi legali e giuristi: il suo dichiarato scopo era quello di edificare il futuro finanziario, commerciale e industriale degli Stati Uniti alla luce del loro ruolo chiave di finanziatore dei vincitori, e, naturalmente, degli esiti vittoriosi della guerra per gli Alleati occidentali.

La sintesi fra i due gruppi fu quindi del tutto naturale: l’impulso culturale, scientifico, intellettuale degli uomini dell’Hotel Majestic si combinò facilmente con gli interessi finanziari, economici e commerciali di cui era portatore il secondo gruppo, ovviamente sotto il benevolo e interessato sguardo dei decisori politici, di cui spesso i membri del CFR finivano per far parte, in forza del sistema tipicamente anglosassone delle cosiddette revolving doors, le “porte girevoli” attraverso cui i membri della ruling class passano dalle università al mondo delle aziende, da questo a quello diplomatico, politico, militare o dell’intelligence.

Nasce l’attuale Council on Foreign Relations

La sintesi ebbe nascita formale due anni dopo, il 29 luglio 1921, con la costituzione ufficiale dell’odierno Council on Foreign Relations (CFR), attraverso il quale sono passati e passano da allora tutti i più alti esponenti delle classi dirigenti anglo-sassoni e dei loro vassalli via via acquisiti sul pianeta attraverso le due Guerre Mondiali.

Non è necessario quindi indulgere ad alcun complottismo in merito al ruolo di questo tipo di organizzazioni, che amalgamano appunto cultura, politica ed interessi economici in una straordinaria concentrazione di potere: il modus operandi che venne dunque a manifestarsi nel 1919 è infatti del tutto connaturato all’impostazione culturale, socio-economica e ideologico-religiosa della civiltà anglosassone, che ha di fatto costruito, con le sue intelligenze, la forza del suo denaro e la sua capacità di leadership politica la forza egemonica del mondo attuale.

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