Avengers Endgame: la recensione disincantata

Come si chiude un capitolo cinematografico dopo anni di film e di storie dedicate a personaggi amati e letti in tutto il mondo. E come ci si sbaglia facilmente tra poter porre una pietra miliare e, più semplicemente, poterci mettere una pietra sopra.

 

Introduzione all’ultimo film della Marvel

Questa recensione è stata digitata dalle zampette curiose di un roditore, mentre io sono chiuso dentro ad un van, da giorni, a piangere sul patetico disastro che è Avengers Endgame.

Non sono uno scienziato, non sono un eroe, tantomeno un supereroe, una superspia, un genio, un dio asgardiano o uno stregone supremo, ma mi sento molto un alieno di una lontana galassia, un incrocio tra un procione riottoso e oltre mille e seicento volumi a fumetti della mia collezione. E questo è tipo un messaggio lanciato da una navicella morente nel vuoto spaziale. Adesso che tutto sembra perduto. Avrei voluto che la Marvel mi facesse una sorpresa, ma abbiamo fallito. Noi come fan e come spettatori.

Il Cinematic Universe della Marvel porta a termine 10 anni di trame e di lavori, di impegno e di immaginazione con Avengers Endgame, dopo un Infinity War su cui ho poco da criticare. Ed aver visto il finale dopo il penultimo film suo predecessore fa stridere ancora maggiormente tutti i buoni presupposti traditi da questo film. Tutto era stato portato su il giusto livello di epica drammaticità per poi gettarlo nell’abisso. Pare che agli studios della Disney debbano aver sacrificato la cosa più amata dai lettori, una dignità narrativa e stilistica, per ottenere una delle gemme dell’infinito: la gemma dei proventi economici. Ma non indugiamo in commiserazione su un fallimento dovuto allo scontro con un potere superiore al nostro.

Seguendo la trama di Avengers Endgame

Endgame si apre con un tono un po’ cupo, in cui la società è collassata. Un po’ come l’americano medio di 160 chili seduto al cinema a vedere il film. Thanos ha dimezzato le cose sbagliate. Il film tiene questo tono serio per una mezzoretta giusto per farsi una sveltina con il lato emotivo dello spettatore davanti a quei tre o quattro personaggi che poi sacrificherà puntualmente. Hanno avuto 10 anni per spiegarci il legame tra i vari protagonisti, ma non hanno fatto in tempo a buttare giù degli accenni di trama tra il passato comune di Natasha Romanoff (Vedova Nera) e Clint Barton (Occhio di Falco) che andassero oltre agli occhioni lucidi di Scarlet Johansson. Ma Scarlet corrucciata e triste dice più di mille pellicole.
Poi arriva Ant-Man liberato da un topo ex-machina, evidente allegoria di chi detiene il potere nel mondo della Marvel, ovvero Topolino di Walt Disney, che può scegliere liberamente di tenerci nel sottoverso delle trame grottesche e sconclusionate per ben oltre cinque anni. Se solo volesse. E volesse, volesse un frego.
Con la rapidità con cui Newton intuì l’attrazione gravitazionale, Ironman trova la soluzione scientifica al viaggio nel tempo, con un classico schermo a ologrammi che dai tempi di Minority Report fa tanto calcolo scientifico inoppugnabile. E visto che il tavolino del nostro soggiorno non è capace di fare la stessa cosa, ci crediamo ciecamente e la trama va avanti.
Il piano è semplice: arraffare i classici manufatti eccezionali nel passato, sistemare i casini del futuro e poi rimetterli a posto. Un po’ lo schema mentale di un tossico che ruba i soldi dalla borsa ella mamma per comprarsi la dose, convinto che poi sistemerà tutto. Soltanto che il trip se lo sono goduto solo gli sceneggiatori della Marvel, visto che in sala comincia una serie di gag grottesche che vanno dalla pancia gonfia di birra di Thor alle chiappette sode di Capitan America.
E qui bisogna metterci mano, non intendo ai glutei di Cap, bensì al profilo psicologico (perché quello fisico è devastato) di Thor. Sono anni che l’umanità gode nel demistificare tutto, nel demolire i miti, nell’aberrare o avvilire ciò che si eleva, in una sorta di orgia iconoclastica. Per cui a tutti sta bene che Thor sia un panzuto depresso alcolizzato. Alcuni ne vedono la grande umanità in cui finalmente termina il processo di umile presa di coscienza del personaggio. Ma siamo sicuri che sia in questa forma di umanità che ci immedesimiamo? Lo spettatore medio americano di 160 chili esulta e scaglia il suo potente pugno nei popcorn ricoperti di formaggio fuso, incredibilmente la mano ritorna subito indietro alla bocca al suo volere. Siamo i Thor di oggi.

Analisi delle teorie sui viaggi nel tempo

Tralascio la scadenza dei siparietti comici o penosi che una Disney attenta al politically correct ed alla creazione di un prodotto per famiglie non può che costruire macchinalmente. Mancava in tal senso qualche battuta sulla pupù.
E passiamo dunque all’errore macroscopico che, tra la pochezza generale giustificabile in un clima di generale superficialità, mi urta sopra ad ogni cosa. Se non sei in grado di dare spessore ai personaggi dopo una stratificazione di 10 anni, perlomeno curati di dare coerenza al teatro in cui muovi i tuoi pupazzi. Non sono uno che si attiene ferreamente alle tre unità aristoteliche di luogo, azione e tantomeno di tempo, visto il caso, ma una trama costruita secondo la logica del viaggio spaziotemporale dovrebbe tenere almeno a mente il concetto di coerenza. Elenco qui le immediate discrepanze:
– Thanos trova le particelle Phym con cui fare il viaggio del tempo, ma anche se non ha le formule risolutorie di Stark ce la fa
– le particelle Phym concedono solo un numero esiguo di viaggi ad una singola persona, Thanos invece ci trasporta un esercito mastodontico
– Nebula uccide la se stessa del passato, ma la sua versione futura resta viva (Looper non ci ha insegnato proprio niente).

Infine tiriamo in causa le teorie principali sul viaggio teorico nello spaziotempo, qui ci sono due filoni. Uno dice che ogni minima azione che fai ha conseguenze nel futuro. Secondo questa una volta rubate le gemme nel passato e portatele nel futuro gli eroi dovrebbero trovarsi di fronte un futuro diverso (in cui per esempio Thanos non ha dimezzato l’universo dal momento che le gemme sono state prelevate dal passato e non è possibile trovarle).
Un secondo filone vuole che il tempo tenda ad aggiustarsi ad autorigenerarsi come un organismo vivente (in realtà sarebbe che gli eventi storici tendono a verificarsi comunque, pur variando le condizioni). In tal caso, ammesso che le gemme si fossero risistemate nel passato senza creare turbamenti significativi, il solo esserne entrati in possesso avrebbe dovuto togliere qualsiasi tensione narrativa alla risoluzione finale, a meno che non si voglia considerare che Thanos , una volta vinto, avrebbe poi rimesso lui a posto le gemme per ritrovarle poi… (ma perché devo essere io a giustificare una trama labile come il tessuto dello spaziotempo?).
Via sappiamo tutti che gli eroi trionferanno dopo un sano battaglione. Non è un film di Nolan. Si potrebbe essere in ansia solo pensando alla fila al bagno durante l’intervallo. Quello è stato almeno un’ora prima ed è stata anche la parte migliore.

Il finale del film

Non c’è molto da dire sullo scontro finale che la Motta non abbia riassunto nello slogan del Maxibon “Two is meglio che One”. Si alzano tamarre le quote rosa per qualche fotogramma, tanto per giustificare personaggi superpotenti su cui hanno fatto un intero film, ma solo uno, poi qualcuno muore e forse ci dovevamo tenere perché ci fanno addirittura un funerale con tutto il cast principale.
Mi sono sforzato di sentirmi partecipe, ma la delusione era così oltre ogni mia aspettativa che sorpendentemente invece è successo! Mi sono immedesimato nei sentimenti di un personaggio: la salma.
Infine qualsiasi teoria dei viaggi nel tempo abbiano adottato resta tema di dibattito il finale di Capitan America che torna del passato e decide di restarci e di invecchiare, evidentemente non potendo prendere quindi parte a nessuna delle battaglie future ed a nessuno dei film degli Avengers in cui compare. Evidentemente Cap fa la scelta più dignitosa.

I risultati di botteghino e gli indici sociali

Questo film tuttavia piace, a tutti; nerd, fan, persone che non hanno mai letto un fumetto, persone che ne recensiscono, ne parlano nei blog, ne discutono nei forum e che, a rigor di logica, li hanno letti. Non li capisco. Pure se posso comprendere la soddisfazione di veder realizzati personaggi di un universo narrativo un tempo bisfrattato e che ora diventa cultura pop di massa, pure se non si è mai letto un volume, se ci si vuole solo svagare senza una formazione sulle storie ed i personaggi… A discapito di ogni giustificazione, questo film è frivolo, grossolano, accettabile solo se il fine dell’intrattenimento è macinare qualche risata becera, qualche ora del nostro tempo, e svariati milioni.

E mentre tutti festeggiano, gli autori ed i disegnatori, tutti gli appassionati, i fans e i lettori, tutti coloro che hanno partecipato a decenni e decenni di trame, di lavori, di storie e di amore per questi personaggi e per questo medium straordinario che è il fumetto ricevono l’ennesimo smacco con una celebrazione della superficialità. I supereroi, invece di essere una bella e variegata declinazione, un racconto metaforico di quello che è l’umanità, ne sono la burla.

Credevamo che Endgame fosse la fine dei giochi, invece alla fine ci hanno giocato.

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