Gentiloni da Trump: liberati e liberatori 72 anni dopo

Mentre i guardiani della memoria nostrani si accapigliano su chi abbia diritto o no a partecipare alle rituali celebrazioni del 25 aprile, è interessante leggere la trascrizione della conferenza stampa tenutasi lo scorso 20 aprile, al termine dell’incontro alla Casa Bianca, fra il primo ministro italiano e il neo-presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump.
Niente è infatti più esplicativo di quali siano oggi i rapporti fra i “liberatori” di un tempo e le nostre attuali classi dirigenti, eredi degli assetti di potere creatisi nel nostro Paese proprio a seguito delle vicende della guerra civile 1943-1945.
Dopo l’abituale scambio di complimenti, durante i quali Trump è stato in grado di offrire un excursus della storia italiana dagli antichi Romani a Pavarotti (a friend of mine), ecco come si è rivolto il presidente Usa a Gentiloni:
“Come lei sa, Primo Ministro, 30mila membri delle forze armate americane, le relative famiglie ed il personale civile, stazionano nel suo Paese. Nel momento in cui noi riaffermiamo il nostro sostegno a delle storiche istituzioni, dobbiamo anche ribadire la richiesta che ognuno paghi interamente e onestamente la sua quota per sostenere il costo della propria difesa”.
Il nostro presidente del consiglio risponde:
“L’Italia è convinta del suo impegno strategico in favore delle relazioni transatlantiche. Abbiamo anche parlato di impegni comuni nella NATO, degli obiettivi che sono stati definiti nel 2014, dell’impegno per le spese militari e del contributo che ogni Paese deve dare alla sicurezza collettiva. Siamo orgogliosi di questo contributo”.
A questo punto un giornalista della Fox, John Roberts, ci mette del suo, e si verifica il seguente scambio di battute:
“John Roberts: Al primo ministro [italiano], lei ha appena parlato del suo impegno verso la NATO. Il presidente Trump vorrebbe vedere tutti i membri della NATO dare un contributo del 2 per cento del proprio Pil alla NATO. Il vostro contributo è appena dell’1 per cento. Vi impegnerete ad un contributo del 2 per cento del vostro Pil in favore della NATO?
Presidente Trump: Bene, innanzitutto mi piace la domanda che lei ha fatto al primo ministro [italiano]. Aspetto anche io la risposta a questa domanda (ridendo), perché gli chiederò molto presto la stessa cosa.”
Messo così pubblicamente alle strette, Gentiloni risponde al giornalista:
“In relazione alla sua domanda, l’impegno esiste. È stato preso durante un vertice NATO. E noi siamo abituati a rispettare i nostri impegni. Sappiamo che sarà un processo graduale; è già iniziato. E sappiamo che l’Italia ha certi limiti quando si parla di budget, ma, nonostante queste limitazioni, il nostro impegno per la difesa comune è molto chiaro”.
Dunque Gentiloni ha confermato ufficialmente l’impegno dell’Italia a devolvere il 2 per cento del suo Pil alle spese NATO: stiamo parlando di circa 380 miliardi di dollari. Bene a sapersi.
Gentiloni, ribadendo l’approvazione del governo italiano al bombardamento americano in Siria (“una motivata risposta all’impiego di armi chimiche””, piatisce allora una promessa di impegno degli Usa per risolvere la situazione in Libia. Seguiamo lo scambio:
“Gentiloni: Abbiamo bisogno di una Libia stabile e unificata. Un Paese diviso e in conflitto renderebbe peggiore la sua stabilità. Il ruolo degli Usa in questo è estremamente decisivo.
Trump: Non vedo un [nostro] ruolo in Libia. Penso che gli Stati Uniti abbiano già abbastanza ruoli adesso. Abbiamo un ruolo ovunque. Non la vedo quindi così. Vedo un nostro ruolo nell’eliminare l’ISIS. Noi siamo molto efficienti su questo piano. (…) Questo nostro ruolo ad un certo punto arriverà ad una conclusione e allora saremo in grado di tornare a casa e ricostruire il nostro Paese, che è quello che vogliamo fare”.
Respinta quindi al mittente la richiesta agli Usa di supportare l’eventuale impegno italiano in Libia, vale a dire in una delle aree strategiche per gli interessi economici e militari del nostro Paese: e forse anche per il cosiddetto Occidente. L’Italia deve sostenere la NATO, anche in denaro, ma se abbiamo bisogno dei nostri alleati per stabilizzare la Libia, questo non è affare degli Usa: eppure Francia, Usa e NATO si sono dati parecchio da fare per destabilizzare Gheddafi. Evidentemente oggi serve una Libia in piena guerra civile, secondo il modello afghano, iracheno, siriano.
Ecco in queste battute sintetizzato il risultato di settant’anni di limitazione della nostra sovranità nazionale e di prona adesione alle scelte strategiche degli Stati Uniti.
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