Uomini non banali, l’eroe di Drieu La Rochelle

Mi è capitato spesso di sentire da parte di donne la classica, e superficiale, critica sugli uomini, riguardo al fatto che sono sentimentalmente scontati, di scarso spessore e quindi privi di una vera intensità nei loro slanci amorosi. In poche parole, mancherebbero di quella vena che eleva e separa l’aspirazione amorosa dal semplice desiderio.
Si lasciano correre simili chiacchiere tra signore, che probabilmente non meritano di incontrare ciò in cui non credono. Da uomo, non sono un uomo banale o sentimentalmente scontato, e pur se qualcuno del nostro genere appaga con sufficienza slanci che potrebbero essere più profondi, non siamo pochi noi, per cui l’amore è una voragine profonda quanto alta, che non si colma con una vangata di carne.
Strano Viaggio di Drieu La Rochelle parla di questo, di un uomo il cui desiderio di realizzazione sentimentale è significativo e sincero, non è un deformato senso carnale, ma la più pura e quindi desolata ricerca della propria sposa.
Gille è un giovane impiegato dell’ambasciata francese negli anni ’30. La sua vera vita, quella che ha trascorso sperando di realizzare, è stata fuori dall’ufficio, in un seguito di fallimenti sentimentali, amori numerosi investiti con donne sposate di cui è stato l’infelice amante, o di frivoli avventure. Prossimo ai quarant’anni, il suo desiderio di prender moglie lo spinge verso una giovane rampolla della buona società inglese, il cui corpo e l’anima sono rimasti incontaminati dal consumo dei sensi. Gille ammira in lei il mito di un amore felice e completo, un vecchio sogno che non è rimasto travolto dalle inconcludenti vicende con le altre donne.
Cinico e ribelle alla vita ed ai costumi della sua epoca, partecipa alla giostra del mondo con ironia e funesta insoddisfazione. La speranza di verità sentimentale lo trascina avanti da anni, le facili abitudini del passato sono dure a morire e uno spirito stoicamente romantico cospirano senza tregua anche ora che l’inglese Beatrix lo aspetta come sogno nella notte.
Il romanzo è percepibile come un thriller, di cui le prime centosettanta pagine fanno solo da architettura alla parte finale, da palcoscenico che si eriga per la scena culminate, quando dalle quinte si porti avanti, infine, il vero personaggio rimasto occulto fino a quel momento. Sulle ultime quaranta pagine si agita, deus ex machina, il carattere del personaggio, il quale saprà rivelarsi in più aspetti nei diversi incontri tra gli attori dell’ultimo capitolo.
Non ha più importanza cosa Gille vuole, ma, dunque, che tipo di uomo è questo Gille. Si spieghi, ci dica. Esso tremi, ma pure, come corda toccata, canti la sua più profonda nota.
Non è sicuramente una lettura semplice, quella di questo romanzo di La Rochelle. Il suo stile, ma sopratutto le sue impressioni emotive, trovano abbondante sfogo in dialoghi e monologhi decisamente fitti. Sicuramente si soffre un poco questa traduzione di tutti i passaggi interiori del personaggio, che egli traduce in passionali arringhe, e annoiate chiacchiere da salotto, avidamente alternate da cenni e sguardi tra gli interlocutori. Pure, è necessario dire che il lettore di oggi non è più abituato a praticare con se stesso qualche monologo, le nostre coscienze non sono più invitate alla conversazione tra sé e sé, o al dialettico agone tra degni avversari, ma presto si avventano sui social ad esternare ogni parola, disinteressate al dialogo, troppo pubbliche per un monologo.
Se non è facile da leggere, tuttavia si manifesta chiaramente e traspira dalle pagine la sofferenza dell’autore, poi nel personaggio. Il dramma tutto si consuma in un unico nucleo, il cuore lavico di un vulcano, le cui telluriche potenze possono levare le fiamme fino al cielo, spingere infuocata luce al cielo, ma il suo ardore resta perennemente circondato dal un panorama nero, di terra bruciata. La condanna del fuoco è nel vivere circondato da cenere.
Fuor di metafora, che destino può raccogliere sulla terra un uomo che ricco di un animo sensibile e grande cerchi un oggetto degno della sua grandezza d’animo? Quanto può estinguere di quella promessa nobile al cosmo, una realtà spesso ipocrita, debole, meschina, abulica, o peggio, conveniente?
Ogni tanto si può sostenere un simile romanzo, che, seppur soffra di certe forme letterarie, però forse, quelle rare volte non dispiace di leggere nuovamente di quella potenza sentimentale derisa o abusata dai miserabili e covata dai pochi, sciupata dai primi, eletta dai secondi. Così, dunque, è un poco piacevole assistere ad un amore morale, che seppure non si attua, grida al mondo sotto forma di brevi frasi, oppure viene rivendicato, in tacite e ignote scelte e azioni, di personaggi reali o fittizi, che a volte sono o quelli di un libro e a volte siamo noi, uomini non banali. E donne, certo anche le donne, che amiamo quando non riusciamo ad amare niente di più grande.
Print Friendly, PDF & Email