I protocolli di intesa fra Italia e Israele

Sono passati nel quasi generale silenzio gli importanti accordi che lo Stato italiano ha stretto con lo Stato di Israele ai primi di dicembre 2013.
L’attenzione della stampa si è principalmente concentrata sul protocollo n. 3, sottoscritto dal ministro Flavio Zanonato e dal ministro dell’energia e dell’acqua israeliano Silvan Shalom, che pare assegnare all’Italia un ruolo di snodo essenziale per le linee di trasporto del gas dei due nuovi importanti giacimenti che Israele ha da poco scoperto a largo delle sue coste, denominati Tamar e Leviathan: dato che pare certo che almeno uno dei due copra la quasi totalità del fabbisogno dello Stato ebraico, per la prima volta Israele diventerebbe un esportatore netto di energia, rivolgendosi come primo potenziale consumatore all’Europa, verso la quale l’Italia non può che essere il naturale punto di passaggio. Non è davvero necessario sottolineare ulteriormente le implicazioni di natura geo-economica derivanti da questo ruolo dell’Italia come partner di Israele nella partita mondiale dell’energia.
Ma sono forse anche di maggiore interesse, e perciò richiederebbero una molto più dettagliata informazione, i protocolli di intesa n. 1, 2 e 7, relativi rispettivamente alla "pubblica sicurezza", alla "protezione civile e difesa territoriale" ed al "ciberspazio". Infatti è ovvio che questi accordi comportano lo scambio di informazioni attinenti a tematiche molto delicate, come è risultato evidente negli ultimi mesi, a seguito delle ripetute e documentate fughe di notizie sulle attività spionistiche della Nsa americana. Se è vero infatti che il protocollo n. 1 sembra circoscrivere al solo aspetto del contrasto alla criminalità tale collaborazione, non è difficile pensare che "lo scambio di informazioni e di esperienze, lo svolgimento di operazioni congiunte" previste dal protocollo non comportino anche un’accentuata collaborazione anche fra settori dell’intelligence dei rispettivi Paesi – aspetti che meriterebbero un approfondimento, soprattutto alla luce del ruolo quanto meno singolare che organismi israeliani hanno per esempio giocato, in un momento particolarmente delicato per l’Italia, nel caso Shalabayeva.
Il tema del ciberspazio poi solleva molti interrogativi, laddove si tenga presente che se l’Italia è rappresentata dal commissario per l’Agenda Digitale Italiana, Francesco Caio, Israele sottoscrive per mano del capo dell’Ufficio della Cibersicurezza nazionale, Eviatar Matania, un personaggio interessante in quanto "prodotto" di uno dei progetti israeliani di maggiore riservatezza, interesse e successo degli ultimi trent’anni, il progetto Talpion.
Di cosa si tratta? Il progetto venne proposto da alcuni ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme alle forze armate israeliane nel 1975, come esito di un’attenta riflessione sulla guerra del Kippur del 1973: si trattava in pratica di creare un vivaio di giovani ricercatori e scienziati, formati ad ampio raggio sul piano militare, ma destinati non al campo di battaglia quanto alla ricerca ed allo sviluppo di nuove tecnologie in grado di garantire la costante superiorità israeliana sui campi di battaglia e oltre. Il progetto, tuttora coperto da segreto, cominciò nel 1979 a sfornare ogni anno una classe ristretta di 25 super-specialisti, divenuti poi 50 negli ultimi anni: Matania è uno di loro.
Mentre è difficile sapere quali risultati militari siano stati ottenuti, è certo che, come accadde anche nel caso dell’agenzia di ricerca militare Usa negli anni Sessanta (ARPA), dal progetto Talpion sono nate poi, nel corso soprattutto dell’ultimo decennio, moltissime start-up tecnologiche che hanno collocato Israele al secondo posto al mondo dopo gli Usa nella creazione di aziende operanti nel campo dell’elettronica avanzata, come è facile riscontrare scorrendo il listino del Nasdaq americano.
Dobbiamo quindi dare per scontato che, tramite questo accordo, le "istituzioni accademiche e gli enti di ricerca" italiani che vi saranno coinvolti, entreranno a far parte di una rete internazionale nella quale il ruolo di Israele è chiaramente primario, con effetti certamente non neutrali sulle scelte di politica estera e militare dell’Italia nei prossimi decenni.
Strettamente connesso al protocollo 7, ma forse ancora più determinante, è anche il protocollo n. 4, in materia di "tecnologia per l’istruzione", una delle nuove frontiere della didattica, accademica e non, a livello mondiale. Sappiamo infatti già che, grazie alle nuove tecnologie dell’informazione e comunicazione incentrate sul web, gli esperti ritengono di poter creare nuovi "ambienti di apprendimento" in grado di modificare sensibilmente i sistemi scolastici e, in ultima analisi, l’orientamento culturale complessivo dei sistemi educativi di un Paese. Anche in questo caso, pare che l’Italia, senza mai affrontare con la dovuta profondità un argomento davvero strategico per il futuro del nostro Paese e dell’Europa, sembra avere nettamente scelto il partner israeliano, per ragioni che sarebbe stato interessante vedere approfondite in sede politica.
Sintomatico, in conclusione, il fatto che il governo dell’intesa fra i partiti che hanno governato il nostro Paese negli ultimi decenni sigli accordi così importanti per il nostro futuro, a dimostrazione del fatto che, indipendentemente dalle sigle, chi ha governato l’Italia ha da tempo chiaramente scelto, senza mai affrontare una seria discussione sul tema, l’allineamento con Israele.
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