Gli strani razzi di Hamas e i promettenti missili di Israele

"Fondamentalmente sono tubi", dichiara un ufficiale israeliano al quotidiano Haaretz lo scorso 18 novembre.
Scopriamo così sorprendentemente (ma la notizia non passa nei telegiornali italiani) che, secondo le stesse forze armate israeliane, molti dei razzi che Hamas ha lanciato sul territorio israeliano e che secondo i media occidentali giustificherebbero la pretesa israeliana di avere esercitato un diritto all’auto-difesa, erano del tutto privi di testate esplosive, quindi erano appunto dei "tubi".
"La nostra valutazione – sostiene lo stesso ufficiale israeliano, è che il prestigio di far suonare gli allarmi aerei all’interno dello Stato ebraico e di dare l’impressione di stare continuando a combattere sia ora importante per loro [gli uomini di Hamas, n.d.t.] quanto far scorrere il nostro sangue".
Il giornale spiega che né questo militare né le altre due fonti che hanno confermato la notizia sono state in grado di quantificare la percentuale di razzi senza carica bellica sui circa 900 (tra razzi e colpi di mortaio) complessivamente tirati da Gaza nel corso di questa singolare operazione israeliana sulla Striscia occupata.

I miracoli di Iron Dome

Mentre quindi una non determinata aliquota di attacchi contro il territorio israeliano era in realtà costituita da armi prive di capacità bellica, la stampa israeliana celebra le capacità del nuovo sistema anti-missile Iron Dome come il vero protagonista del conflitto e come un sistema d’arma unico al mondo: il suo rateo di successo, ovvero sia la capacità di intercettare e distruggere i razzi di Hamas, sarebbe intorno all’85 per cento del totale. Motivo di orgoglio non solo militare ma anche sul piano del business, visto che il sistema è un prodotto dell’efficiente industria militare israeliana, anche se i media dello Stato ebraico dimenticano di ricordare che è stato praticamente finanziato per intero dagli Stati Uniti d’America.
Protagonisti di questo straordinario exploit militare sono infatti la Rafael Advanced Defense Systems, celebre azienda del complesso militare-industriale dello Stato ebraico, che ha strettamente collaborato anche in questa occasione con l’ufficio del ministero della difesa israeliano che si occupa di Sviluppo d’Arma e di Infrastrutture Tecnologiche; il radar destinato all’individuazione della minaccia è invece prodotto da Elta Systems, una società emanazione delle Israel Aerospace Industries, altro fiore all’occhiello dell’industria bellica israeliana; mPrest Systems, una controllata della già ricordata Rafael, ha poi sviluppato il sistema di comando e controllo, ovvero sia il cervello dell’intero sistema; Comtec Communications ha infine sviluppato la componentistica per le comunicazioni radio che connettono le diverse componenti del sistema anti-missile.
"Da un punto di vista tecnologico – dice orgoglioso Natan Barak (amministratore delegato di mPrest, nonché colonnello della riserva ed ex-comandante dell’unità informatica della marina militare israeliana), ogni componente è unica al mondo. Non ci sono al mondo intercettori di questo tipo ad un costo così ridotto, né in termini di tempi di reazione né di capacità di espansione del sistema. Nessun sistema fino ad oggi è in grado di distinguere tra i vari modelli di razzi Qassam o Fair e di intercettarli. Le nostre velocità sono molto alte e gli intercettori relativamente piccoli". Per cui, aggiunge "c’è molto interesse nel mondo per questo sistema d’arma", soprattutto in considerazione del fatto che il suo prezzo è un decimo di quello di altri sistemi del genere sul mercato.
Ottimi affari dunque in vista per l’industria bellica israeliana dopo le eccellenti performance di Iron Dome nel corso dell’operazione Pilastro di Difesa, anche se non sappiamo quanti dei razzi di Hamas erano "fondamentalmente dei tubi".

 

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