Israele sapeva dell’attacco dello Yom Kippur

Una vicenda giudiziaria in Israele sta fornendo interessanti materiali agli storici sulla vera dinamica dello scoppio della guerra del Kippur (6 ottobre – 24 ottobre 1973). Il procuratore generale dello Stato ebraico Yehuda Weinstein si dovrà infatti pronunciare fra pochi giorni sulle accuse che l’allora direttore del Mossad, Zvi Zamir, muove da tempo all’allora capo di Aman, lo spionaggio militare israeliano, Eli Zeira: Zamir fa carico a Zeira di avere reso pubblico il nome di Ashraf Marwan, la spia egiziana che il 5 ottobre 1973 avrebbe preavvertito gli israeliani, in un incontro a Londra con il suo contatto, Dubi Asherov, e con lo stesso Zeira, dell’imminenza di un attacco congiunto di Egitto e Siria contro Israele. Marwan sarebbe poi morto in circostanze misteriose, il 27 giugno del 2007, cadendo dal terrazzo della sua casa di Londra.
Nell’incontro con i due alti esponenti dello spionaggio israeliano, Marwan, che apparteneva alla ristretta cerchia degli intimi dell’allora presidente egiziano Anwar Sadat, in quanto genero di Nasser, avrebbe rivelato che le probabilità che Sadat attaccasse erano ormai arrivate al fatidico novantanove per cento.
Data la posizione del presunto agente doppio, la vicenda conferma che non era così inaspettato l’attacco che sia Israele che i suoi avversari, sia pure per ragioni diverse, hanno poi sempre voluto far apparire come una totale sorpresa: la grande prossimità di Marwan con Sadat potrebbe far pensare infatti, sostiene la stessa stampa israeliana, ad un tentativo del presidente egiziano di informare Golda Meir della sua determinazione a colpire; oppure, di costringere gli israeliani ad un attacco preventivo che avrebbe permesso all’Egitto di risultare l’aggredito e non l’aggressore – anche in questo caso per arrivare all’internazionalizzazione della trattativa, cosa che Israele aveva sempre evitato, costringendo Usa e Urss ad intervenire per evitare un’escalation del conflitto.
In entrambe i casi, quindi, risulta confermata la definizione, da noi proposta in Medio Oriente senza pace, della guerra del Kippur come di una "guerra diplomatica", dato che l’obiettivo del presidente egiziano non era affatto distruggere Israele ma ottenere la fine del conflitto arabo-israeliano, che perdurava dal 1948, e con essa la stabilizzazione del Medio Oriente.
Probabilmente, il messaggio dell’intelligence da Londra dopo l’incontro con Marwan non ha spinto i vertici israeliani a prepararsi alla guerra, ma ha semplicemente confermato che era il momento di avviare la mobilitazione: già da giorni, infatti, precisamente dal 25 settembre, il re Hussein di Giordania aveva preavvertito Golda Meir della possibilità di un attacco; il ritiro dei consiglieri sovietici e delle loro famiglie, tra la fine dello stesso settembre ed i primi di ottobre, era un segnale diretto da parte dell’Urss a Israele sull’imminenza del conflitto; ma Sadat aveva addirittura fatto svolgere delle intense esercitazioni sul Canale poche settimane prima e sappiamo che Israele disponeva di foto aeree molto dettagliate del dispiegamento offensivo egiziano lungo il Canale di Suez.
Mai attacco a sorpresa è stato quindi così chiaramente preannunciato, per cui possiamo oggi sostenere che Israele, con ogni probabilità, preferì correre il rischio di subire quell’attacco, anche se poi dimostratosi più pericoloso del previsto, contando sull’appoggio americano (Kissinger arrivò a minacciare i russi di utilizzare l’arma atomica se gli Egiziani non fossero stati fermati) e sull’evidente vantaggio politico di apparire soggetti alla permanente minaccia di annientamento da parte dei suoi bellicosi vicini. Un dividendo di quella guerra che Israele continua ancora oggi a riscuotere: mentre la speranza di Sadat di arrivare in quel modo alla stabilizzazione del Medio Oriente si è dimostrata vana, nonostante sia probabilmente costata la vita al presidente egiziano.

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