Giornalista francese ucciso in Siria. “Sono stati i ribelli”.

«Sappiamo che è stato un grossolano errore commesso dall’Esercito siriano libero» ha confidato a Le Figaro un responsabile della Lega araba, confermando quanto annunciato da un dirigente di una organizzazione dei diritti dell’uomo.
Qualche ora dopo l’attacco che ha provocato la morte di Gilles Jacquier, inviato di France 2 a Homs, mercoledì 11 gennaio, un dirigente di una organizzazione dei diritti dell’uomo della città aveva confidato ad un responsabile dell’opposizione siriana in Francia che si era trattato di «una bestialità» commessa dagli avversari di Bashar al-Assad.
«Al telefono, il mio interlocutore, che conosco da tanti anni, mi ha detto in arabo che era stata una “djahachaneh”, come dire una sciocchezza priva di senso da parte degli oppositori». Secondo quest’ultimo, il suo interlocutore sapeva bene chi si trovava dietro il mortaio che ha ucciso sul colpo il giornalista di France 2, in visita quel giorno a Homs, epicentro della rivoluzione contro il potere di Assad. «Subito dopo l’attacco si è saputo rapidamente, in certi ambienti di Homs, chi aveva sparato», ha aggiunto la fonte. Immediatamente oppositori e potere si erano vicendevolmente accusati della morte di Gilles Jacquier.
Questo esponente dell’opposizione si era confidato il giorno successivo l’attacco. Ma era necessario avere altri riscontri prima che Le Figaro potesse divulgare la notizia. Così, il giorno stesso, giovedì 12 gennaio, la nostra fonte trasmise il contenuto della conversazione con il suo interlocutore a Nabil al-Arabi, segretario generale della Lega araba. Nel quadro di un piano di uscita dalla crisi, l’organizzazione panaraba disponeva di osservatori sul posto a Homs. «Li abbiamo sollecitati affinché fosse fatta piena verità sulla questione», confidava mercoledì scorso un diplomatico del Quai d’Orsay.
I ribelli «spinti all’errore»
Sul terreno, le ricerche degli osservatori arabi hanno progredito molto rapidamente. Venerdì, un responsabile della Lega araba dichiarava a Le Figaro «sappiamo ormai che c’è stata una sventatezza commessa dall’Esercito siriano libero. L’Esl è stato spinto all’errore dai miliziani pro-Assad, che sfidavano i loro uomini da molti giorni. I disertori hanno voluto dare loro una lezione e intimidirli. Sappiamo che i tiri sono venuti da Bab Sbah», un bastione dell’opposizione che fronteggia il quartiere di Nouzha, popolato da alauiti pro-Bashar, dove Jacquier è stato ucciso.
Per ragioni di sicurezza, il responsabile dell’organizzazione dei diritti dell’Uomo a Homs e il suo contatto dell’opposizione in Francia hanno chiesto di conservare l’anonimato. Ma quest’ultimo è pronto a testimoniare davanti a una commissione d’inchiesta. «Aspetto che un giudice indipendente venga nominato. Anche se il caso ci sfavorisce, la verità deve essere chiarita», ha sostenuto l’uomo, che ha confidato di aver ricevuto, negli ultimi giorni, altre telefonate da Homs confermanti la tesi della responsabilità dell’Esercito siriano libero.
Queste rivelazioni contraddicono l’ipotesi di manipolazione da parte del potere siriano alimentate dalle testimonianze di diversi giornalisti presenti accanto a Gilles Jacquier nel momento dell’attacco, ovvero «elementi inquietanti» come il brusco allontanamento dei militari incaricati della loro sorveglianza dal momento del primo tiro di mortaio. Secondo loro il regime avrebbe voluto discreditare i suoi oppositori mostrando al mondo che i giornalisti erano presi di mira da «bande armate».
Gilles Jacquier, 43 anni, si trovava a Homs in compagnia di diversi giornalisti, svizzeri, belgi e libanesi. Il loro soggiorno era stato organizzato da Suor Maria-Agnese, una religiosa libanese residente a Homs. Molti siriani hanno trovato la morte in quello stesso giorno nei quartieri di Nouzha e Akrima, colpiti durante sparatoie nello spazio di una mezzora, poco dopo la morte di Jacquier. «Secondo me i colpi provenivano dal quartiere di Bab Sbah» ha sostenuto giovedì sera a France 2 il fotografo libanese Joseph Eid, dell’AFP, che si trovava nel gruppo dei giornalisti colpiti.
Secondo membri dell’opposizione, i disertori dell’Esercito siriano libero possiedono mortai. «Questi armamenti sono troppo imprecisi per una missione di “esecuzione” mirata», ci hanno confermato numerosi generali francesi.
Traduzione a cura di Simone Santini
Georges Malbrunot, Le Figaro, 20 gennaio 2012
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