L’Iran determinato a sostenere Bashar al-Assad fino alla fine

Ufficiali della guardia repubblicana siriana si addestrano a Teheran.
Salvare l’alleato siriano e aiutarlo, anche a prezzo di dolorose riforme: dopo dieci mesi di rivolta contro il regime di Bashar al-Assad, l’Iran reste più che mai fedele all’appoggio strategico verso Damasco, cosciente che gli Occidentali e le monarchie sunnite del Golfo continueranno a fare di tutto per privare Teheran del suo principale sostegno nel mondo arabo.
Dal mese scorso, come abbiamo appreso da una fonte attendibile, i guardiani della rivoluzione (pasdaran) hanno cominciato ad addestrare in Iran una cinquantina di ufficiali della guardia repubblicana siriana,. L’addestramento durerà nove mesi e riguarda l’unità 101 di questa struttura di élite, forte di 15mila uomini, il meglio delle armate di Assad e membri, soprattutto, della minoranza alauita cui appartiene lo stesso presidente.
Da quando la quarta divisione è stata dislocata alla periferia sud di Damasco, è proprio la guardia repubblicana a controllare, invece, gli accessi a nord della capitale, il cui centro è stato risparmiato, finora, dall’insurrezione.
Questa cooperazione giunge nel momento in cui gli Stati Uniti sono «convinti» che l’Iran continui a rifornire armi per aiutare la repressione contro i manifestanti da parte del regime siriano. La visita a Damasco, ad inizio gennaio, del generale Qassem Suleimani, a capo della unità al-Quds, il braccio armato dei guardiani della rivoluzione fuori dall’Iran, è, secondo Washington, il segnale più concreto che questo aiuto comprende anche materiale militare (munizioni, soprattutto).
L’aiuto militare prosegue
«Siamo certi che Suleimani è stato ricevuto dalle più alte cariche del governo siriano, compreso il presidente Assad», ha dichiarato di recente un funzionario americano. A giugno l’Unione europea aveva posto sotto sanzioni personali sia Suleimani che il capo dei pasdaran, il generale Mohammed Ali Jafari, nonché Hussein Tayyeb, coordinatore del sostegno logistico a Damasco. In due riprese, qualche settimana prima, armi iraniane destinate alla Siria erano state intercettate da Israele attraverso l’aeroporto turco di Diarbakyr e via mare. L’Iran è altresì sospettato di aver spalleggiato la Siria nella cyber guerra contro gli insorti.
«L’Iran aiuterà la Siria in caso di attacco militare straniero contro Damasco», ha affermato mercoledì al canale al-Arabiya un dirigente dei guardiani della rivoluzione. Questi rispondeva all’emiro del Qatar, Sheikh Hamad al-Thani, che, sabato scorso, è stato il primo leader arabo a prospettare l’invio di truppe arabe in Siria. In questo modo sia gli Iraniani sciiti che gli Arabi sunniti hanno marcato le loro posizioni sul dossier siriano.
Ma l’aiuto iraniano a Damasco non si limita alle armi. Attraverso l’Iraq, Teheran avrebbe promesso a Damasco di accollarsi, segretamente, il petrolio che l’Europa ha deciso di non acquistargli più. Regolarmente, da sei mesi, intermediari iraniani approcciano anche gli oppositori siriani in esilio, secondo quanto rivela un dirigente dei Fratelli musulmani, Mohammed Faruk Tayfur, al giornale saudita al-Hayat. «Ci hanno proposto di entrare a far parte della direzione del governo a condizione che rinunciamo a chiedere la destituzione di Bashar al-Assad», ha detto Tayfur.
Anche a Parigi, un altro dirigente dell’opposizione siriana, stavolta laico, è stato contattato in tal senso, negli ultimi mesi, da emissari iraniani che l’avevano già incontrato in estate. Non avendo ricevuto risposte da Teheran circa le condizioni che aveva formulato, l’oppositore ha declinato le sollecitazioni iraniane.
Traduzione a cura di Simone Santini
fonte: Georges Malbrunot, Le Figaro, 19 gennaio 2012
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