La sconfitta degli Ogm è cominciata

In un articolo su Le Monde dello scorso 18 ottobre, Gaëlle Dupont porta le prove definitive del fallimento delle colture geneticamente modificate. La promessa dei prodotti Monsanto RoundUp Ready agli agricoltori di tutto il mondo era infatti quella di utilizzare un solo erbicida totale, il gliphosate, per distruggere tutte le erbe infestanti, in modo che la coltura obiettivo (cotone, soia, mais, ecc.) potesse dominare incontrastata sul terreno: in questo modo, sosteneva Monsanto, si sarebbero migliorati i raccolti e ridotto l’uso dei pesticidi.
Ma, dopo quindici anni, i risultati smentiscono queste promesse. Nel Sud Est degli Usa, su 6 milioni di ettari, in 22 stati americani, pari a poco meno del 10 per cento dell’intera superficie coltivata con Ogm negli Stati Uniti, si sta assistendo ad un’impressionante proliferazione di alcune erbe infestanti, come l’Amaranthus Palmeri conosciuto come pigweed, che, secondo Claude Kennedy del centro agricolo sperimentale della città di Marianna, "non è un’erbaccia, è un mostro, è sempre più aggressiva e prende forme così strane che a volte fa quasi paura", diventando capace di crescere cinque centimetri al giorno e di arrivare a due metri di altezza.
Ma l’amaranto ormai non è il solo ad avere acquistato capacità di resistenza all’erbicida totale: una decina di altre piante infestanti ha subito il medesimo potenziamento, riportando la situazione a quella originaria degli anni Settanta-Ottanta, da cui appunto ha preso le mosse l’industria biotech in agricoltura – il fallimento del sistema di difesa delle colture basato sulla combinazione di pesticidi e fertilizzanti chimici, cui appunto da ultimo si è unita la genetica nella speranza di "correggere" un meccanismo strutturalmente sbagliato, nel senso che non ha mai tenuto conto dei delicati meccanismi con cui la natura opera nel suolo, affrontandoli come se si trattasse di un campo di battaglia e non di un millenario sistema di sensibilissimi equilibri.
Ora gli agricoltori americani sono costretti a ricorrere a micidiali misture di vecchi erbicidi, cosa che sta preoccupando persino l’agenzia per l’ambiente americana (Epa), in genere assai attenta ai desideri dell’industria chimica e biotech: il dicamba per esempio, è un pesticida molto aggressivo e inquinante, derivato dal 2,4-D, il cosiddetto "agente Arancio", un defoliante inventato per distruggere la giungla vietnamita e scoprire le linee di rifornimento vietminh ai bombardieri Usa.
La maggiore novità, tuttavia, è il fatto che la stessa Monsanto ammetta il disastro, ma con toni che lasciano perplessi: "All’inizio pensavamo che la diffusione di questo tipo di resistenze sarebbe stata difficile. Ma dobbiamo riconoscere che, per controllare le erbe infestanti, il RoundUp non basta: bisogna usare anche altri prodotti", dice Rick Cole di Monsanto. Quindi, mentre è costretta a rimborsare 12 dollari ogni acro (circa mezzo ettaro) agli agricoltori, la multinazionale biotech sta pensando, invece di modificare radicalmente la sua strategia, semplicemente di ingegnerizzare soia e cotone per resistere anche ad altri erbicidi, replicando all’infinito il meccanismo. In questo modo non si farà altro che ampliare su scala ancora più grande il problema. La realtà è infatti che quello che interessa a questo tipo di industria è semplicemente di tenere il produttore agricolo legato ad un "pacchetto tecnologico" che integra semente ed erbicida, in maniera da fidelizzare l’agricoltore, impedendogli di tentare altre strade agronomiche, e garantire profitti costanti all’industria.
La situazione americana, dove il 58% del cotone, il 66% del mais e il 93% della soia sono oramai Ogm, dovrebbe essere un serio ammonimento per l’Europa che fino ad ora, pur con molte contraddizioni ed incertezze, ha impedito la diffusione di massa degli Ogm nei nostri campi: la possibilità che nei prossimi mesi avranno gli Stati europei di liberalizzare la coltivazione biotech oppure di creare aree ogm-free mediante accordi fra agricoltori, diventa a questo punto una questione strategica per il futuro della nostra agricoltura. Quello che è certo è che da oggi non si può più sostenere seriamente che le colture Ogm siano la soluzione migliore per questo futuro.
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