E l’Italia va…

Un recente articolo di Marco Fortis su "Il Messaggero" sottolinea che Roma, Berlino e Parigi rappresentano i campioni dell’Europa per quanto concerne la ricchezza delle famiglie. L’articolo evidenzia che la ricchezza netta finanziaria delle famiglie italiane, ottenuta sottraendo al totale della loro ricchezza finanziaria l’ammontare complessivo dei suoi debiti, sia la seconda in valore assoluto dopo quella dei tedeschi. Con riferimento a fine 2008, mentre le famiglie tedesche detengono 2.880 miliardi di euro quelle italiane seguono con 2.587 miliardi e le francesi con 2.280 miliardi.
Un’altra osservazione degna di considerazione è il rapporto tra debito pubblico e ricchezza finanziaria netta. Ebbene anche in tal caso l’Italia evidenzia un rapporto pari al 68% di poco superiore a quello francese (65%) ed anche a quello tedesco (61%).
Fa sempre piacere appartenere al club dei migliori anziché a quello dei peggiori.
Ma lo spunto che vorrei fare non è tanto "nazionalistico" quanto strettamente economico o, ancora più esplicitamente, riguardante l’economia reale.
Con questa crisi e, per certi versi, grazie a questa crisi stiamo, pur se con gradualità, ritornando ad una sana percezione delle cose. In particolare tornare a capire che lo sviluppo economico è sano solo se lo si ottiene con un’equilibrata struttura debitoria. Questo significa che il peso della finanza e delle banche nel tessuto economico non deve essere eccessivo perché in tal caso si fa presto a passare da risultati eclatanti (crescita del PIL) a risultati negativi o catastrofici come quelli verificatici in Irlanda e, seppure in misura minore, in Spagna.
Dunque, tutto a posto? Neanche per sogno. Il debito pubblico italiano deve essere attentamente monitorato e ridotto. Le aziende devono essere sensibili ai rischi finanziari connessi ad un eccessivo indebitamento. Le famiglie devono ritornare alle sane abitudini di un tempo: si compra una cosa quando si dispone del danaro necessario per acquistarlo…

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