La vittoria di Via D’Amelio e l’omertà della stampa di stato

Poca gente, fallimento, insuccesso, niente politici… questo quanto fatto emergere dal mainstream della stampa di stato sulle giornate appena trascorse a Palermo in ricordo del giudice Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta: Emanuela Loi, Eddi Cosina, Vincenzo Fabio Li Muli, Agostino Catalano e Claudio Traina.
Quattro gatti sotto il sole cocente a rassicurare la coscienza ipocrita e sporca degli italiani stravaccati al mare, quelli tantissimi invece, che hanno fatto bene a non scomodarsi perché tanto è inutile.
Beh peccato che le cose non siano andate esattamente così.
Se da una parte è vero che gli italiani e i siciliani erano vergognosamente pochissimi ad omaggiare la memoria di servitori dello Stato che hanno sacrificato la loro vita e la felicità delle loro famiglie per restituire un po’ di dignità al nostro popolo molliccio ed egoista che ben si identifica nella sua classe politica corrotta e clientelare, dall’altra non si può accettare che si neghi quanto di importante sia accaduto a Palermo in questi tre lunghi e intensi giorni.
Dopo tantissimo tempo, forse più di dieci anni, senza che vi sia stato, grazie a Dio, nessun morto oltraggiato dal piagnucolio di stato, più di cinquecento italiani si sono organizzati tramite la rete e a spese loro, adattandosi al caldo torrido di una Palermo trascurata, sporca e dimenticata, sono venuti a dimostrare di avere compreso, di essere consapevoli, che la lotta alla mafia non è di esclusiva competenza della magistratura e delle forze dell’ordine ma è quel movimento culturale, soprattutto di giovani, che tanto auspicava Paolo Borsellino.
In più di duecento persone hanno accettato la sfida di farsi quattro chilometri e mezzo in salita, alle tre del pomeriggio palermitano, da via D’Amelio fino su al castello Utveggio da dove potrebbe essere stato azionato il comando che ha ucciso Paolo Borsellino e i suoi ragazzi, per chiedere con la loro agenda rossa in mano verità e giustizia su quella e sulle altre stragi attraverso le quali si è fatta politica in Italia e attraverso le quali personaggi squallidi, lugubri e criminali hanno costruito il loro potere e lo detengono occupando indegnamente, come ricorda Salvatore Borsellino, le più alte cariche dello stato. Quest’uomo coraggioso e arrabbiato che ha girato tutta l’Italia per risvegliare in tutti noi quei valori di cui suo fratello Paolo era rappresentante e baluardo. Quei valori di correttezza, rigore, pulizia interiore, semplicità, forza, coraggio, senso del dovere, umanità, solidarietà che, così come quelli di Giovanni Falcone, incutevano terrore nei mafiosi di Cosa Nostra e nei mafiosi del potere perché avrebbero potuto ostacolare i loro piani e far diventare il nostro un Paese degno, civile e democratico invece di questa italietta da quattro soldi che si vende al miglior offerente per un piatto di lenticchie.
Al grido di giustizia di Salvatore Borsellino hanno risposto più di settecento persone sabato sera, 18 luglio 2009, nell’atrio della facoltà di giurisprudenza di Palermo. Per non contare tutte quelle altre (almeno 300) collegate in diretta streaming da tutta Italia. Un convegno bellissimo, emozionato, partecipato. I relatori, a partire dal saluto iniziale di Rita Borsellino, sono stati continuamente interrotti da uno scrosciare costante, forte e commosso di applausi. Erano anni che a Palermo non si assisteva ad un evento del genere. E invece cosa ha scritto e trasmesso la stampa locale e nazionale? Niente. Un paio di righe qua e là e se citata la conferenza sono stati ben attenti i “nostri colleghi” a non scrivere che è stata organizzata da ANTIMAFIADuemila e che l’appello al sostegno dei magistrati Antonio Ingroia e Nino Di Matteo oltre che alla procura di Caltanissetta impegnati nelle delicatissime indagini sui mandanti impuniti, proprio il titolo della nostra conferenza ignorato da tutti, non è stato lanciato da un fantasma, da un soggetto indefinito, ma dal nostro direttore Giorgio Bongiovanni.
Si sono ben guardati i grandi giornalisti della grande stampa nazionale di riportare poi con attenzione e con il rispetto della completezza dell’informazione le parole dei relatori: Antonio Ingroia, Salvatore Borsellino, Luigi De Magistris e Beppe Lumia.
Informazioni importanti, nuove, esclusive, emozionanti, indice di voglia di riscatto e libertà: una notizia!!!! Ma dove eravate, cari, presunti colleghi, a dormire?
Stesso dicasi per il 19 luglio in via D’Amelio.
L’obiettivo che si era prefissato Salvatore Borsellino e tutti noi che lo abbiamo accompagnato era di impedire che come ogni anno quella strada teatro di una delle peggiori pagine della nostra storia forse oltraggiata dalle solite corone di fiori come per assicurarsi – dice sempre Salvatore – che Paolo Borsellino sia morto davvero.
Al loro posto quest’anno c’era invece un grande striscione con su scritto “quest’anno i fiori portateli sulla tomba dei vostri eroi” e a fianco c’era una lapide di cartone con la fotografia e le date di nascita e di morte di Vittorio Mangano.
Questa sarebbe dovuta essere la foto di apertura di tutti i giornali almeno per par condicio a tutto lo spazio dato al signor Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado a nove anni e mezzo per concorso esterno in associazione mafiosa, e “all’utilizzatore finale” dei suoi buoni contatti, cioè il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, quando hanno inneggiato al loro eroe, assassino e mafioso.
E invece non è stata nemmeno accennata.
Sta di fatto che le corone di fiori lì a marcire sul marciapiede quest’anno non c’erano e che i politici non sono venuti a fare la loro passerella.
Questo vuol dire solo una cosa: che Salvatore Borsellino ha vinto la sua sfida!
Che via D’Amelio è stata salvata che la gente comune si è riappropriata della memoria di una strada violentata da una oscura strage di Stato.
Che i politici hanno avuto paura di venire a confrontarsi con quei quattro gatti sotto il sole di via D’Amelio con le loro agende rosse alzate.
Vuol dire che via D’Amelio ha vinto, con buona pace della coscienza dell’italietta al mare.
La buona notizia è che i giornali cartacei stanno per fallire, mentre la rete sta prendendo il sopravvento. Il nostro modesto umile sito di ANTIMAFIADuemila ha raggiunto i 60.000 accessi univoci mensili.
Grazie a tutti voi, grazie a Salvatore Borsellino e a tutti i ragazzi che si sono adoperati perché quest’anno le commemorazioni non fossero di circostanza.
(*) Anna Petrozzi è caporedattrice di Antimafia Duemila, la testata che ha organizzato il convegno “I mandanti impuniti” in occasione delle manifestazioni per l’anniversario della strage di Via D’Amelio.
Una galleria fotografica dell’evento e l’originale dell’articolo:
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