Eduardo Galeano, Le vene aperte dell’America Latina

Durante la scorsa Conferenza delle Americhe, il presidente venezuelano Hugo Chavez ha regalato al suo omologo statunitense Obama "Le vene aperte dell’America Latina" di Eduardo Galeano, un libro che dalle nostre parti è praticamente sconosciuto ma che rappresenta un testo di fondamentale importanza per tutti i sudamericani che vogliono prendere coscienza della storia della propria regione da un punto di vista diverso da quello raccontato dai classici testi di storia, tanto è vero che il libro era proibito durante le dittature militari di Argentina, Cile, Uruguay.
Nella prefazione, Isabel Allende, ricorda che, durante la fuga da Santiago a seguito del golpe del 1973, portò con sé solo due libri ed uno di questi era proprio "Le vene aperte dell’America Latina".
Come ricorda la stessa Allende, il libro è stato scritto nei primi anni settanta, proprio mentre stava nascendo la speranza di cambiamento affidata alle riforme del Cile guidato da Salvador Allende, speranza durata troppo poco per riuscire a trascinare un intero continente sulla via dell’autodeterminazione ma troppo a lungo per l’amministrazione Nixon, che non poteva accettare nel cosiddetto "cortile di casa" (così come lo definì Kissinger) governi progressisti.
Il libro parte da lontano, dalla scoperta dell’America ed ha un denominatore comune: c’è sempre qualcuno che ha sfruttato le ricchezze naturali latino americane, a cominciare dagli spagnoli, dai portoghesi, dagli inglesi fino ad arrivare agli scomodi vicini di casa statunitensi, anche se in sostanza, secondo l’autore, è lo stesso sistema capitalistico che, per permettere un alto livello di vita in alcune zone del mondo, deve avere per forza di cose altre zone destinate alla povertà, trattandosi di un sistema basato sulla disuguaglianza.
Nell’excursus storico raccontato da Galeano, vediamo come tutto nasca con la corsa allo sfruttamento dell’oro e dell’argento sudamericano con gli indios ridotti in schiavitù e con le città che fiorivano per poi morire in breve tempo, quando la vena aurifera si esauriva.
Non erano solo gli europei ad arricchirsi, infatti esisteva anche una piccola fascia di americani (mercanti, proprietari delle terre e delle miniere) che godeva di queste ricchezze ma i capitali, anziché essere utilizzati per lo sviluppo come stava avvenendo in Europa, erano destinati alla costruzione di grandi palazzi e a vivere nel lusso più sfrenato. In fondo il problema è uguale a quello odierno, con la ricchezza concentrata nelle mani di pochi e con la maggior parte della popolazione che lotta per sopravvivere.
Non sono mai mancate le giustificazioni morali, per qualcuno, infatti, servirsi degli indios era un modo per combattere la loro natura cattiva e la ricerca della loro evangelizzazione doveva passare anche dal loro sfruttamento, talmente crudele che spesso le madri uccidevano i loro figli per evitare che andassero a lavorare in condizioni spaventose nelle miniere.
Secondo Galeano gli indios hanno subito la maledizione delle loro stesse ricchezze naturali e di un clima favorevole e molto diverso da quello europeo che li ha condannati alla monocoltura sia della canna da zucchero (di origine europea, importata da Colombo dalle isole Canarie) che del caffè e del cotone e che ha legato per sempre le nazioni latino americane alle oscillazioni internazionali dei prezzi e ai desideri delle grandi multinazionali, appoggiate da organismi solo ufficialmente indipendenti, ma di fatto controllati dagli Stati Uniti, come il Fondo Monetario Internazionale.
Probabilmente le tredici colonie dell’America del nord, se avessero avuto i giacimenti di metalli preziosi e senza un clima così simile a quello inglese, non sarebbero mai riuscite a sviluppare un’industria manifatturiera, ad ottenere l’indipendenza, e ad amalgamarsi fino ad arrivare ad essere una sola nazione che poi negli anni si è accresciuta annettendo altri stati. La loro fortuna è stata la mancanza di risorse.
Il destino dell’America Latina è invece quello di essere composta da una miriade di nazioni (alcune create ad hoc come Panama, fatta nascere per sfruttare i vantaggi strategici del canale) nessuna delle quali ha avuto la forza di alzare la testa e staccarsi dal modello economico che le vuole al servizio dei paesi più forti.
Galeano analizza una serie di esempi di come alcuni governi abbiano attuato politiche di lotta al latifondo, di ricerca dello sviluppo industriale e di una vera e propria indipendenza politica e come siano poi sempre drammaticamente caduti a causa all’intervento di chi aveva interessi economici e politici troppo forti nella regione.
Quando anche in America Latina si iniziò a sviluppare l’industria manifatturiera, si trovò davanti ostacoli insormontabili rappresentati dall’imposizione del libero scambio di merci che, non solo la metteva in concorrenza con economie più avanzate che producevano a costi molto più bassi, ma anche con nazioni che propugnavano il liberismo e poi applicavano il protezionismo per salvaguardare i propri prodotti. Questa spinta al liberismo più sfrenato non ricorda forse la politica del Fmi che viene imposta a quei paesi che hanno bisogno di finanziamenti e che ha contribuito a portare alla crisi economica internazionale dei giorni nostri?
Isabel Allende dice che il libro "…scorre con la grazia di una novella ed è impossibile posarlo…" nonostante racconti di crimini atroci e dei fallimenti di ogni tentativo di cambiare le sorti di una zona del mondo che pare destinata alla povertà ed allo sfruttamento, ma è un libro che scatena le coscienze ed è anche per questo un invito alla speranza e a non abbandonare la lotta perché, citando Salvador Allende, "Vale la pena di morire per le cose senza le quali non vale la pena vivere".
Ed in fondo gli avvenimenti di questi ultimi anni stanno dando un segnale di cambiamento importante, pur con tutti i distinguo che si possono fare tra governi definiti troppo populisti, che rischiano di trasformarsi in altre dittature ed altri definiti di sinistra "troppo buona", progressista ma non abbastanza determinata da fornire quella spinta di cui avrebbe bisogno chi parte in svantaggio e che deve staccarsi dalle vecchie influenze esterne.
Molto importanti sono anche i tentativi di creare una sorta di America Latina Unita che alcune nazioni stanno cercando di attuare creando varie organizzazioni quali ad esempio il Mercosur, per rafforzare il potere di ogni singolo paese.
In ogni caso l’impressione è che gli Stati Uniti abbiano allentato la morsa, consci che i tempi sono cambiati, che il dialogo sia indispensabile e che piazzare il "dittatorello" nei paesi "scomodi" sia diventata una soluzione molto più difficile di una volta.

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