Parigi boccia la Costituzione europea. La storia si ripete

Si può gioire del NO francese al Trattato costituzionale europeo di Roma? Le parti politiche che propugnavano di votare negativamente alla ratifica nella consultazione referendaria avevano nel merito, a nostro avviso, ogni ragione.
Quella che andava profilandosi era un’Europa con una sola vocazione: finanziaria e capitalistica. Le politiche rimanevano ancora al margine: troppo timidi nella politica estera, nella sicurezza, nel settore della difesa comune.
Mancava di fondo una idea di Europa, universale, che fosse in grado di illuminare (e si badi bene, non conquistare) il resto del mondo.
L’unico collante forte, davvero forte, rimaneva il vecchio concetto di libera circolazione (di merci, persone, capitali, servizi) ovvero quell’unione doganale perfetta tanto cara ai Padri Fondatori. Si riduce dunque a questo l’Europa? Il Vecchio Continente culla di civiltà: cristiana, umanista, illuminista, liberale, socialista, è in grado di esprimere, oggi, nella sua Carta costitutiva, solo una perfetta unione doganale? Dunque una Europa non consapevole di sé, senza identità, senza una prospettiva che non fosse quella di essere un mercato funzionale alla globalizzazione, una globalizzazione non neutra, ma liberista e anglosassone (loro sì che hanno una consapevolezza di sé come civiltà portatrice di una missione – giusta o sbagliata che sia).

Detto tutto ciò, il no francese ci riporta esattamente dove eravamo, nella terra di nessuno.
Jean-Marie Colombani, direttore di Le Monde, sostiene che sarà proprio George W. Bush a felicitarsi maggiormente della battuta d’arresto europea. Un controsenso? No, purtroppo. Ma la verità che Colombani non vuole o non può dire tutta intera, è che Bush (o meglio, quell’idea di missione anglosassone che si diceva) avrebbe vinto in un caso o nell’altro.
L’Europa del nuovo trattato, governata da banche e tecnocrati, cioè un vassallo di lusso sotto il ferro di Washington, piace molto agli americani. L’attuale Europa, perennemente in mezzo al guado, piace allo stesso modo, forse anche di più.
La verità è che i fautori del NO a questa Europa, che forse sono maggioranza non solo in Francia, non hanno un progetto alternativo e unitario da proporre. Sanno ciò che non vogliono (più o meno), ma sanno ciò che vogliono?
Il caso francese è emblematico, potrebbe essere il laboratorio da cui uscirà la Nuova Europa Umanista. Ma non sarà così.
Oggi possono votare insieme, da domani la sinistra radicale, gli antiglobalizzatori di José Bové, i patrioti del Fronte Nazionale, torneranno a dividersi. Torneranno a chiamarsi l’un l’altro non francesi ma comunisti e fascisti. E sarà proprio quel Bush (ma sarebbe stato lo stesso se si fosse chiamato Clinton), il loro peggiore nemico, a gioire del fatto che in Europa esistono ancora comunisti e fascisti, intesi come squadre di calcio che si confrontano in un derby. “Divide et Impera” sostenevano i romani: questa lezione gli americani l’hanno imparata perfettamente, e adottata sempre.

È già accaduto, la storia si ripete. Charles De Gaulle bocciò la CED (Comunità Europea di Difesa) dopo il 1952. L’alternativa fu la nascita della CEE (Comunità Economica Europea) qualche anno più tardi. Un’Europa militarmente unita, e come tale non più bisognosa, in prospettiva, della tutela americana, fallì. L’Europa economicista, liberale, occidentale, in contrapposizione al blocco orientale, nasceva. In questa prospettiva hanno ben poco da esultare Bertinotti e la Lega in Italia, ben poco Fabius e Le Pen in Francia.
Esiste la possibilità di uscire, oggi, con atti pratici, dall’impasse? Noi scorgiamo un solo, stretto spiraglio.
Qualcuno dovrà farsi portatore di questa proposta: rilanciare l’integrazione europea partendo dall’idea della Difesa comune, ovvero un Esercito europeo integrato alternativo al sistema NATO e che porti progressivamente (si spera in breve tempo) al suo superamento.
Solo così vedremo rinascere conseguentemente la politica estera europea, un nuovo e diverso punto focale nelle relazioni internazionali, un ponte di pace, di autodeterminazione dei popoli, di un loro sviluppo autonomo. Il Medio Oriente, l’Africa, la Russia, l’Asia, l’America latina, non attendono che questo.
Sarà qualcuno in grado di lanciare questa sfida?

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