I NUOVI RIVOLUZIONARI, estratti a cura

I NUOVI RIVOLUZIONARI – Il pensiero dei neoconservatori americani
A cura di Jim Lobe e Adele Oliveti
Feltrinelli – Ottobre 2003

L’antologia comprende scritti di: R. Kagan, T. Donnelly, R. Perle, M. Ledeen, D. Pipes, Ch. Krauthammer, D. Feith, D. Wurmser, R.M. Gerecht, W. Bristol, M. Boot, Pnac.

Introduzione
"Gli architetti del mondo"

[…] Ci troviamo dinanzi, invece, alla messa in atto di un’ambiziosa strategia di "full spectrum dominance" (1), mirata a fare dell’America l’unica superpotenza mondiale, senza rivali che possano sfidarne la supremazia adesso o nell’immediato futuro; e di una strategia regionale secondaria il cui obiettivo è garantire il dominio statunitense sul Medio Oriente attraverso un’alleanza strategica con Israele. Questo programma incentrato su una pax americana duratura è stato elaborato fin dai primi anni novanta da un ristretto gruppo di accademici, analisti politici e ideologi attivisti ed è quindi antecedente agli eventi dell’11 settembre e persino alla vittoriosa campagna presidenziale di Bush jr.

Questi ideologi, spesso chiamati "neoconservatori" (o neocon [2]), si sono posti alla testa di una coalizione che include altre due correnti politiche fondamentali: la destra repubblicana nazionalista tradizionale (capeggiata dal vicepresidente Dick Cheney e dal segretario della Difesa Donald Rumsfeld) e la destra cristiana (guidata da figure come Gary Bauer e Ralph Reed).
[…] i neoconservatori andrebbero visti come un piccolo network, incredibilmente compatto, di accademici, ideologi, leader sindacali, analisti e funzionari politici, lobbysti, polemisti e opinionisti, che in alcuni casi lavorano insieme da più di trent’anni. […] Forse la migliore descrizione dei neoconservatori è quella di Irving Kristol, uno dei padri fondatori del movimento, […] l’inizio del neoconservatorismo quale movimento di politica estera può essere fatto risalire a tre eventi e sviluppi fondamentali (3) della fine degli anni sessanta, che hanno fatto sì che alcuni ebrei americani, in particolare, mollassero gli ormeggi e si allontanassero dall’area liberal del Partito democratico.

[…] Nei primi anni settanta, i neoconservatori formarono la Coalizione per una maggioranza democratica (Coalition for a Democratic Majority, Cdm). […] le forze del Cdm attorno al senatore Jackson strinsero la loro prima alleanza con la destra repubblicana, che includeva figure come Donald Rumsfeld, che era allora segretario della Difesa di Gerald Ford, […] Al tempo stesso i neoconservatori cominciarono a stringere legami con la destra cristiana (protestante, nota del curatore) e i "conservatori sociali", molti dei quali erano identificati con quella che allora era chiamata la "New Right" che, oltre all’interesse in una politica estera militare aggressiva, era preoccupata per la "guerra culturale" lanciata contro i "valori tradizionali" da un’élite liberale che aveva abbracciato un "umanesimo secolare" e il relativismo culturale. I neoconservatori sostenevano invece che la guerra culturale avesse dimensioni globali, minacciando l’intera civiltà giudaico-cristiana.
Questa idea venne sostenuta inizialmente dal Centro per l’etica e la politica pubblica (Ethics and Public Policy Center, Eppc) fondato nel 1976 per "chiarire e rafforzare i legami tra la tradizione morale giudaico-cristiana e il dibattito pubblico sulle questioni di politica interna ed estera"; e ricevette "credibilità" teorica all’inizio degli anni novanta dallo storico conservatore Samuel Huntington, con il suo influente e controverso libro Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale.

[…] A quei tempi la destra cristiana veniva corteggiata anche dal governo israeliano del Likud che era stato eletto nel 1977 e che vedeva nell’invito di Carter a creare uno stato palestinese una grave minaccia ai propri programmi.
Con il supporto dei neoconservatori ebrei negli Stati uniti, il primo ministro israeliano Menachem Begin cominciò a intrattenere rapporti con i leader emergenti della destra cristiana, soprattutto Jerry Falwell, leader di Moral Majority, cui Begin conferì la medaglia per il centenario di Vladimir Jabotinsky e un jet privato, apparentemente per promuovere il suo ministero negli Stati Uniti.
Rispondendo a molti ebrei americani che obiettavano a questa sempre più stretta relazione fra i neoconservatori e il Likud da una parte e la destra cristiana dall’altra (alcuni dei cui leader sono apertamente antisemiti), Irving Kristol una volta ha commentato: "Il fatto che Moral Majority sostenga Israele per ragioni teologiche che derivano dal credo cristiano non è una buona ragione perché gli ebrei se ne tengano a distanza. Perché mai dovrebbe essere un problema per noi? E’ la loro teologia; ma è il nostro Israele".

[…] La fine della Guerra fredda era stata un’esperienza cruciale per molti esponenti della destra, inclusi i neoconservatori. Senza lo "spettro" del comunismo, che aveva funto da principio unificatore e organizzatore per quasi cinquant’anni, nessun settore politico riuscì a elaborare una strategia coerente per la politica estera statunitense nel nuovo scenario internazionale. […] C’era però un’area dell’amministrazione in cui le idee dei neoconservatori continuavano a esercitare una certa attrattiva: il dipartimento della Difesa. E così, tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992, Wolfowitz, che era stato molto favorevole all’idea di portare la Guerra del Golfo fino a Bagdad, e Libby vennero incaricati di redigere un documento confidenziale, il Defense Planning Guidance (Linee guida per la pianificazione della difesa) che, se approvato, avrebbe costituito la base di una grandissima strategia militare per i primi anni del Ventunesimo secolo.
In breve, la bozza del documento sosteneva che "il primo obiettivo" della politica estera statunitense avrebbe dovuto essere prevenire "il riemergere di un nuovo rivale" […]
Il documento sosteneva inoltre la necessità di azioni preventive contro i paesi che stavano sviluppando armi di distruzione di massa […]

Verso la metà degli anni novanta, tuttavia, le idee fondamentali del Dpg erano state fatte proprie da una rinnovata coalizione di neoconservatori, conservatori sociali ed esponenti della destra cristiana e tradizionale, uniti dall’idea che gli Stati Uniti dovessero fare di tutto per rafforzare ed estendere il "momento unipolare" dell’incontrastata supremazia americana. […] (Questi) fondarono il Progetto per il nuovo secolo Americano (Project for the New American Century, Pnac [4]), con l’intento dichiarato di "promuovere e mobilitare sostegno alla leadership globale dell’America".

[…] I neoconservatori e i loro alleati erano consapevoli del fatto che un programma così ambizioso non sarebbe stato facilmente accettato dall’establishment di politica estera: "E’ probabile […] che il processo di trasformazione sia lungo, in assenza di un evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor" (5). […] Quello che nessuno (?!? n.d.r.) poteva prevedere, tuttavia, era che la nuova Pearl Harbor era proprio dietro l’angolo; e l’11 settembre […] i neoconservatori videro materializzarsi quell’opportunità che avevano atteso nel corso del decennio precedente.

[…] Questo senso di una missione civilizzatrice degli Stati Uniti non è certamente una novità del pensiero neoconservatore; si tratta piuttosto di una caratteristica persistente della storia americana, da quando i primi pellegrini posero piede nel Nuovo mondo: "Il nuovo progetto egemonico attinge alle profonde radici morali e al sentimento di missione messianica dell’America. […] La convinzione in base alla quale “l’America viene prima di tutto”, propria dei sostenitori della supremazia americana vicini a Bush, ricorda da vicino l’idea di una “città su una collina” alla base del credo puritano americano, articolata nel 1630 da John Winthrop, il primo governatore del Massachusetts" (6). […]

Nella guerra al terrorismo, i neoconservatori legano a doppio filo il destino degli Stati uniti a quello di Israele […]
La difesa della causa israeliana nasce con il movimento neoconservatore stesso […] La relazione tra il bilancio della difesa statunitense e quello israeliano aiuta a capire meglio questa identificazione con Israele: "Consideriamo il bilancio della difesa americano. Nel corso degli anni settanta e ottanta, i neoconservatori sostenevano che una riduzione del bilancio della difesa statunitense sarebbe stato disastroso per Israele. […]
Israele, agli occhi dei neoconservatori, è l’avamposto della civiltà occidentale in Medio Oriente; difenderne la sicurezza è quindi non solo una questione strategica, ma anche responsabilità morale degli Stati Uniti e dell’Occidente. […]
Ma mentre fino al 1992 i neoconservatori avevano appoggiato Israele indipendentemente dal partito al governo, successivamente al processo di pace di Oslo si sono schierati esplicitamente dalla parte del Likud. Un report confezionato nel 1996 da Richard Perle, David Wurmser e Douglas Feith per il neoeletto Primo ministro Benjamin Netanyahu raccomandava un taglio netto con le politiche dei precedenti governi laburisti […] (7)
L’adozione di un nuovo approccio alla pace in Medio Oriente, identificato come un "imperativo per il nuovo Primo ministro", dovrebbe essere basato su "fondamenta intellettuali completamente nuove, che ripristino l’iniziativa strategica e diano al paese l’opportunità di dedicare tutte le energie possibili a ricostruire il sionismo". Abbandonando il principio "terra in cambio di pace", che aveva ispirato le precedenti amministrazioni israeliane, il nuovo governo dovrebbe adottare il principio "pace in cambio di pace" o "pace con la forza".
[…] Al tempo stesso, il nuovo governo israeliano dovrebbe instaurare nuove relazioni con i palestinesi, stabilendo innanzitutto il diritto "di una caccia all’uomo nelle aree controllate dai palestinesi" […] "Israele dovrebbe contemplare dunque delle alternative alla base di potere di Arafat". Si noti che il report anticipa in tal modo di alcuni anni quella che sarebbe poi stata la politica adottata dal governo Sharon dopo l’inizio della Seconda intifada. […]
Questo significa, in modo particolare, rafforzare le alleanze con la Turchia e la Giordania per indebolire e contenere la Siria. "Questo sforzo può concentrarsi sulla deposizione di Saddam Hussein in Iraq (di per sé un importante obiettivo strategico per Israele)", continua il report, "al fine di frustrare le ambizioni regionali della Siria".

Che la rimozione di Saddam Hussein fosse dunque funzionale al successo di una ben più ampia campagna in Medio Oriente, "una regione le cui risorse, sotto un comando consolidato, sarebbero sufficienti a generare potere globale", è emerso con allarmante chiarezza all’indomani della caduta del regime iracheno: "L’iraq di Saddam Hussein non è mai stato il più minaccioso di questi paesi (che appoggiano il terrorismo)".

NOTE

(1) (http://www.defenselink.mil/news/Jun2000/n06022000_20006025.html)

(2) Il nome ricorda che molti di loro provengono da un passato democratico liberal o di sinistra

(3) Guerra arabo-israeliana del 1967, Guerra in Vietnam, Rottura dell’alleanza tra gli ebrei americani e gli afroamericani.

(4) www.newamericancentury.org

(5) Pnac, Rebuilding America’s Defenses: Strategies, Forces and Resources for a New Century, p. 51

(6) www.mtholyoke.edu/acad/intrel/winthrop.htm e www.foreignpolicy-infocus.org/papers/02power/

(7) www.israeleconomy.org/strat1.htm

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