UN FERRAGOSTO BOLIVARISTA

Nell’odierna attualità, il risultato del referendum in Venezuela, con la significativa vittoria del presidente Chavez, non può che essere considerata una buona notizia.
Diverse sono le ragioni che ci spingono a questa valutazione, che per prima cosa deve essere rapportata alla situazione sudamericana, nel senso che quel che avviene in Venezuela non è pensabile possa essere oggi riportato così com’è alla situazione di Paesi come l’Italia, in cui la struttura economica e sociale, il passato, la vita intellettuale, ovviamente hanno caratteri completamente diversi – se vogliamo di molto maggiore complessità.
La risposta bolivarista, nell’essenzialità con cui è stata elaborata da Chavez e da un gruppo di suoi collaboratori, è, nonostante questo, da guardare con particolare attenzione e speciale interesse.
In primo luogo, l’esperimento bolivarista pone per la prima volta negli ultimi anni fianco a fianco in un Paese sudamericano le Forze Armate e gli strati socialmente più sfavoriti del popolo – un fattore questo risolutivo, che non si produsse per esempio nel caso peronista, con le tragiche conseguenze per la storia argentina che tutti conosciamo. In Paesi nei quali il controllo nordamericano si serve da sempre della componente militare, il tentativo bolivarista, se ben condotto, può rappresentare un richiamo forte al ruolo delle Forze Armate, quale difesa dell’autonomia e della sovranità popolare, non più come guardia armata delle oligarchie economiche né come garanzia dell’allineamento di ogni Paese al dettato di una dottrina Monroe universalizzata, diversamente da come è accaduto per buona parte della storia contemporanea latinoamericana (e non solo).
In secondo luogo, la spiccata impostazione patriottica dell’orientamento bolivarista è importante, almeno per due versi: da un lato, nell’evitare che il movimento di riscatto sociale si chiuda nella dimensione della lotta di classe; dall’altro col proporre il superamento della visione nazionalista in una prospettiva continentale, che in questo momento storico ha permesso a Chavez di trovarsi in qualche modo collegato, sia pure con molte diversità, agli “esperimenti” di Kirchner in Argentina, di Lula in Brasile, oltreché ai tentativi di evoluzione del castrismo cubano. Evitando in tal modo l’isolamento cui gli Stati Uniti cercheranno di ridurre il fenomeno venezuelano, come a suo tempo già fecero con il castrismo ed il peronismo.
Proprio rispetto al futuro di Cuba, è, in terzo luogo, importante il bolivarismo venezuelano, che potrebbe rappresentare una via di uscita per il regime cubano, dopo la morte di Castro, quando la partita caraibica verrà sicuramente affrontata in maniera durissima dagli Stati Uniti, che ora meno che mai potranno accettare l’eccezione cubana nel cortile di casa propria: costruire consenso internazionale intorno al bolivarista è anche per questo di fondamentale importanza.
Ma vi sono aspetti positivi del progetto bolivarista la cui importanza va ben oltre la stessa prospettiva sudamericana.
Intanto, quello bolivarista è un progetto che si può dire superi vigorosamente la contrapposizione destra/sinistra: una contrapposizione che ha impedito, in tutto il corso storico del Novecento, che maturasse un’opposizione unitaria e articolata contro la forma matura del capitalismo industriale e postindustriale, incarnatosi politicamente nell’egemonia storica anglosassone.
L’idea di una mobilitazione ed elevazione delle masse popolari, tanto più quando emarginate e diseredate; la sua coniugazione con una dimensione comunitaria patriottica o, meglio ancora, di Patria continentale – sono questi i due elementi essenziali che sfuggono ad un’etichettatura destra/sinistra, in quanto possono trovare udienza presso tutti i moderni oppositori del sistema capitalista maturo.
Il termine “populista”, spesso utilizzato dispregiativamente dalla polemica giornalistica per caratterizzare il bolivarismo di Chavez, può andarci benissimo, se contiene appunto al suo interno il riconoscimento, implicito o meno, di tale superamento. Per le stesse ragioni per cui il “populismo” americano di fine Ottocento resta un tentativo serio, interessante ed importante, al di là delle sue ingenuità, di resistere allo stravolgimento della società nordamericana ad opera delle forze più rudi e potenti del capitalismo finanziario internazionale.
È infine importante sottolineare che molti dei materiali di analisi utilizzati dal movimento bolivarista evidenziano giustamente l’assetto trilaterale del sistema imperiale attuale (imperniato su Stati Uniti, Europa e Giappone), con un ovvio ruolo egemone dei primi: ma sottolineano altresì la possibilità che Europa unita, nata e cresciuta finora sotto l’egida atlantista, possa imboccare in futuro, per l’evidente profilarsi di contrasti di fondo con le mire di dominazione mondiale anglosassoni, strategie alternative.
I bolivaristi venezuelani si augurano esplicitamente che questo avvenga, ed avvenga presto. Questa aspettativa, essendo anche la nostra, non può che richiamare la nostra attenzione al Venezuela come ad uno dei più seri appelli a noi europei a ripensare il nostro destino storico e ad affrontare con coraggio scelte fondamentali che sempre più velocemente si avvicinano a noi dal futuro.
Il Venezuela dimostra che, se opereremo queste scelte, non saremo affatto soli sulla scena mondiale.

Print Friendly, PDF & Email