La schiavitù del XXI secolo

La nascita dell’economia di scambio ha portato con sé la pratica del prestito. E’ una prassi millenaria, diffusa presso tutte le civiltà e popoli, anche i meno evoluti, e presente in qualsiasi strato o classe sociale. Il prestito nella forma diretta (di un bene) o in quella monetaria migliora il grado di utilità complessivo della economia e permette un più alto livello di efficienza. Per tali ragioni il prestito viene ritenuto funzionale al mantenimento ed allo sviluppo del sistema economico.
Malgrado quanto detto, possono verificarsi casi in cui il ricorso eccessivo a questo strumento, determini ripercussioni esiziali per l’equilibrio economico e finanziario della famiglia o dell’impresa che ne ha usufruito o analogamente per intere classi sociali o settori produttivi. In tal caso le conseguenze possono essere drammatiche: insolvenze, fallimenti, squilibri sociali di vasta portata che possono sgretolare la società e spingerla verso mutamenti repentini e traumatici.
La storia ci fornisce tali e tanti esempi da avere l’imbarazzo della scelta. Basterà ricordare le violente rivolte della plebe romana durante l’era Repubblicana a causa dei soverchianti debiti che molti plebei avevano assunto nei confronti dei patrizi. E quanto dovette penare Menenio Agrippa per riportare ordine e concordia nel 5° secolo avanti Cristo dopo che la Plebe si era ritirata sul Monte Sacro con intenti secessionisti a causa (tra le altre cose) dei debiti assunti verso la classe dominante.
Ai giorni nostri è sufficiente ricordare il “default” dell’Argentina nel 2001, che ha travolto l’intera società e impoverito milioni di persone.

Lungi da una trattazione esaustiva dell’argomento, in questa sede si vuole focalizzare l’attenzione sul crescente indebitamento finanziario delle famiglie dei paesi ricchi del mondo. Questo è un fenomeno complesso che richiede alcuni chiarimenti.
Nelle precedenti epoche e comunque fino a pochi anni fa, la famiglia ricorreva al prestito per far fronte a situazioni di illiquidità che mettevano a repentaglio la propria esistenza (spese per cure mediche, dissesti dell’attività economica su cui era imperniato il reddito familiare, debiti sull’onore) oppure per realizzare importanti obiettivi: l’acquisto dell’abitazione, la costituzione di una attività imprenditoriale. In tali casi le risorse finanziarie venivano reperite, principalmente, nel circuito informale della famiglia allargata (genitori, fratelli, zii, ecc.) e delle amicizie. L’apporto del sistema bancario o parabancario risultava marginale.

Attualmente nei paesi ad economia avanzata il ricorso al prestito bancario e parabancario (finanziarie di vario genere, società specializzate nel prestito al consumo) sta divenendo un fatto di costume. Non solo le famiglie (all’interno di tale classe comprendiamo anche i singles) ricorrono al circuito finanziario per acquistare l’abitazione ma sono sempre più numerose quelle che decidono di indebitarsi per l’acquisto di auto, moto, mobili e arredamento per la casa, prodotti elettronici (televisore, sistemi hi-fi), informatici, ecc..
Qualche dato potrà aiutare la comprensione del fenomeno. Esaminando il caso italiano si nota la forte crescita dello stock dei mutui. A giugno 2003 le famiglie italiane risultavano indebitate verso le banche per ca. 118 miliardi di euro evidenziando una crescita del 139% in soli 5 anni (Il Manifesto del 2/03/2004, pag. 2). Nel credito al consumo si è passati da uno stock di 23,8 miliardi di euro a fine ’97 a 45,2 miliardi a metà 2003 (La Gazzetta del Mezzogiorno, 20/01/2004). Il tasso di indebitamento delle famiglie nel 2003 ammontava al 35,13 % sul reddito complessivo delle stesse. Questa percentuale si amplia notevolmente se ci si riferisce ad altri paesi avanzati: 110% della Germania, 105% del Regno Unito, 90% della Spagna, 70% della Francia.

In termini strettamente economici si potrebbe notare che, a prescindere dall’attuale congiuntura, il ricorso al finanziamento è sempre più orientato a beni di consumo (durevoli e non) a scapito di quelli di investimento (abitazioni, ecc.).
Ma l’aspetto da sottolineare è un altro: la tendenza a disporre dell’utilità del bene anticipatamente rispetto alla disponibilità di adeguate risorse finanziarie. La teoria del “tutto e subito” che fa presa su tutti, in particolare i giovani. Questo, a mio parere, risulta la considerazione più allarmante.
La nostra economia (cioè del mondo occidentale) è fondata su un modello di consumo che richiede un tasso di crescita che la famiglia, con le sue risorse non è più in grado di assorbire. Per autosostenersi, l’attuale sistema iper liberista ricorre dunque alla combinazione di due strumenti che stringono l’individuo in ferree tenaglie.
La prima è rappresentata dal potere di convincimento commerciale oramai divenuto raffinato e pervasivo: pubblicità, promozioni, costruzione di eventi; il tutto volto a convincere la persona dell’esistenza di un bisogno.
La seconda, dalla crescente facilità di accesso al circuito finanziario che rende possibile disporre del bene e/o servizio in anticipo rispetto alle effettive disponibilità economiche dell’individuo. Il ricorso al prestito, in tal caso, equivale a porre una “ipoteca” su ciò che la famiglia produrrà e guadagnerà nel futuro. Pertanto la famiglia perde quella parte residua di libertà di cui ancora dispone.
Infatti, nel momento in cui esistono obblighi (la rata del mutuo e/o del prestito, il rientro dal fido di conto corrente) che impongono la disponibilità di risorse finanziarie si determina automaticamente un vincolo ineludibile per il debitore-cittadino. In presenza di tali elementi costrittivi – il potere persuasivo della pubblicità e quello esercitato dal vincolo finanziario – l’eventuale decisione di modellare la vita secondo le proprie aspirazioni e principi che si può realizzare mediante un cambiamento del proprio status sociale, del lavoro, del luogo in cui si abita ecc. viene di fatto limitato o addirittura inibito. Si perde la capacità di scegliere che fa dell’uomo un essere libero. Egli, invece, dovrà adeguarsi nel lavoro e nei rapporti interpersonali, per disporre di quella necessaria capacità reddituale in grado di far fronte agli impegni assunti verso gli istituti finanziatori. Sarà sempre più orientato verso comportamenti materialistici e di mero opportunismo vivendo una vita lontana dalle grandi passioni e dai grandi ideali. Sarà sempre più individuo, isolato e chiuso nel suo fragile mondo materiale, sempre meno persona, in grado di comprendere, definire e liberamente perseguire i propri obiettivi.
Così, tra uno spot della Coca Cola ed il pagamento della rata di uno degli innumerevoli prestiti accesi, ci si accorge che il tempo trascorre, noi imbianchiamo ed i sogni rimangono in un cassetto polveroso e dimenticato.

Ogni epoca ha i suoi connotati. La nostra, l’attuale, si sta sempre più caratterizzando per una predominanza dell’elemento economico sugli altri aspetti (politica, società, cultura) che sono intrinsecamente connessi alla vita della persona umana. L’esaltazione di questa componente fa si che si riproducano in forme diverse le grandi piaghe che hanno caratterizzato la vita delle società trascorse. Credo che sia evidente come la dissennata ricerca di profitto abbia come contraltare la distruzione del pianeta e la formazione di stridenti e inconciliabili disparità sociali. Altrettanto vero è la limitazione della libertà personale che si determina quando l’individuo viene stretto in obblighi e impegni che avviluppano la sua vita imponendo ritmi e direzioni diverse da quelle desiderate.
Così anche nella nostra epoca, apparentemente opulenta, libera e democratica, si nasconde il germe della coercizione e della schiavitù non più imposta con la violenza e la costrizione fisica, ma realizzata attraverso sistemi più raffinati tuttavia ugualmente subdoli.

Se ciò deriva da un sistema economico errato nei suoi principi, deve far riflettere la constatazione che gran parte degli esponenti politici del mondo occidentale siano favorevoli a questo sistema.

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