Nick McDonell, Twelve

Divenuto subito un caso letterario mondiale, Twelve è l’opera prima di Nick McDonell, diciasettenne newyorkese, già considerato un piccolo genio; con la benedizione di personaggi come Fernanda Pivano – che lo paragona a Salinger e a Easton Ellis – e Hunter Thompson, l’autore di Paura e delirio a Las Vegas.

Ma Twelve è anche il nome di una droga immaginaria, che i giovani newyorkesi raccontati da McDonell vogliono e cercano e per la quale sono disposti quasi a tutto. Ed è il catalizzatore delle vicende narrate.

Il romanzo infatti è il ritratto nudo e crudo di una generazione di adolescenti bianchi, ricchi e viziati, studenti delle migliori scuole dove ottengono ottimi profitti. Sono eleganti e puliti, non contestano nulla perché nulla li interessa davvero o li appassiona. Tra loro serpeggia una sorta di edonismo distruttivo, un nichilismo del fare e del pensare. Il mondo adulto non esiste, così come non c’è traccia di emozione o sentimento autentico. La norma morale è quella del consumare: droga, violenza, giovinezza.

Anche Manhattan, la città in cui si muovono, è fredda e distaccata. E’ raccontata sotto la neve (la vicenda si svolge nei cinque giorni che precedono il capodanno), e appare gelida e nebulosa e per quanto molto “citata”, per nomi di strade e locali, è lontana e sconosciuta.

Su tutto e tutti spicca il protagonista, White Mike; non tocca droga né alcool, ma arrotonda la ricca paghetta spacciando ai coetanei. Non si droga, per mantenere il controllo cinico e distaccato dal resto del branco.

Mike si trascina nel vivere, nel suo elegante e costoso cappotto, anche se l’epilogo della vicenda lascerà intravedere per lui uno spiraglio di speranza. Non a caso sarà l’unico a uscire vivo, letteralmente, dalla festa di capodanno.

McDonell è, come altri giovani autori americani, abilissimo nel ritrarre la società in cui è cresciuto e vive. La sua scrittura è una lama che incide profondamente, scoprendo i nervi di un modello sociale e familiare disgregato. La sua scrittura è lucida e scarna e il romanzo procede per capitoli brevissimi, alternati a flashback di assoluta crudeltà. Il ritmo è serrato, nel passare dalla narrazione dell’oggi a quella di un passato più che recente.

Figlio d’arte e talento precoce, McDonell è impietoso e si concede pochissime sbavature d’ingenuità, nel raccontare la noia di bar, feste, incontri casuali e massacri annunciati. Così come nulla concede ai suoi personaggi, tutti rigorosamente antipatici.

Una curiosità: anche il traduttore italiano, Vincenzo Latronico, ha 17 anni.

Nick McDonell
Twelve
229 pagine
Bompiani, 2003

Euro 14,50

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