MICI e predisposizione genetica

INTRODUZIONE

La causa della malattia di Crohn e della Colite Ulcerosa, nonostante numerosi e approfonditi studi in campo immunologico e microbiologico, rimane sconosciuta. Negli ultimi anni l’ipotesi dominante è che si verifichi un’anomala risposta immunologica/infiammatoria nei confronti di antigeni comunemente presenti nel lume intestinale. Probabilmente a causa di una perdita della "tolleranza" o di un’alterata permeabilità intestinale, viene attivata la risposta immune ma soprattutto non si verificano i normali meccanismi di controllo della risposta stessa e pertanto si determina un processo infiammatorio che rimane cronicamente attivato.
Questa ipotesi ha necessariamente suggerito che uno dei fondamentali meccanismi di regolazione della risposta immunologica ed infiammatoria di ogni soggetto risiede nel suo patrimonio genetico. Questo elemento, unito alle evidenze epidemiologiche preesistenti (es. presenza di casi familiari) e al progressivo miglioramento tecnologico nel campo della genetica molecolare (es. progetto genoma), ha determinato un formidabile impulso per gli studi di genetica in queste malattie.

PRESUPPOSTI EPIDEMIOLOGICI

Una serie di elementi clinici ed epidemiologici ha suggerito negli anni ’80 ed all’inizio degli anni ’90 l’esistenza di una predisposizione genetica per le MICI.
L’incidenza delle malattie non è uniformemente distribuita nel mondo essendo maggiore tra i caucasici rispetto ai neri ed agli asiatici. Ma anche tra i caucasici si registrano sensibili differenze con un picco nel ceppo Ashkenazi di ebrei di origine europea ed americana. E’ ovvio che l’incidenza è influenzata da una serie di fattori confondenti, soprattutto ambientali, ma non tutte le differenze registrate sono spiegabili solo sulla base di differenze etniche e sociali.
L’associazione tra malattia di Crohn o Colite Ulcerosa con malattie genetiche (es. sindrome di Turner) ed autoimmuni (come spondilite anchilopoietica, psoriasi, colangite sclerosante, sclerosi multipla, celiachia) è stata più volte documentata.
La storia familiare, riportata in percentuale variabile nelle diverse casistiche ma con un range di circa il 10-20%, è un altro importante elemento a favore della predisposizione genetica. Inoltre il dato ancora più rilevante è che la presenza di una familiarità rappresenta il più importante fattore di rischio conosciuto di sviluppare queste malattie, con un incremento di 10-50 volte nei familiari di 1° grado del soggetto affetto rispetto al resto della popolazione. E’ stato argomentato che i familiari di 1° grado condividono verosimilmente gli stessi fattori di rischio ambientale (es. fumo). Ma d’altra parte non si è evidenziato un incremento del rischio nei partner dei pazienti.

Le stesse caratteristiche cliniche dei casi con aggregazione familiare suggeriscono l’importanza della predisposizione genetica. Pur nei limiti delle difficoltà di classificare la malattia nel tempo, la maggior parte degli studi hanno posto in rilievo la sorprendente concordanza per diagnosi e talora per sede e caratteristiche cliniche della malattia nei casi familiari (ad es. localizzazione ileale della malattia di Crohn o tendenza a formare fistole).

La concordanza nei gemelli, monozigoti, rispetto ai dizigoti ed agli altri fratelli che arriva a valori del 50-60% soprattutto nel caso della malattia di Crohn, ha consentito, in analogia a quanto eseguito in altre malattie, di calcolare un coefficiente di ereditabilità che nella malattia di Crohn è superiore a quello calcolato ad esempio per il diabete e l’ipertensione arteriosa.

MODELLO GENETICO

La malattia di Crohn e la Colite Ulcerosa non vengono trasmesse come le malattie genetiche classiche con un modello di tipo dominante (es. anemia mediterranea) o recessivo. L’ipotesi più accreditata è che queste malattie siano geneticamente complesse, con una chiara interazione di fattori ambientali. I geni coinvolti sono sicuramente numerosi (forse addirittura 10-15) ed alcuni potrebbero essere condivisi nelle due malattie. Questo dato spiegherebbe la più frequente coesistenza di malattia di Crohn e Colite Ulcerosa in alcune famiglie rispetto alla frequenza attesa secondo le leggi della casualità. La possibile diverse combinazione di geni coinvolti potrebbe spiegare anche la notevole differenza sul piano clinico di queste malattie.

STUDI GENETICI

Qualunque sia il modello genetico coinvolto, per dimostrare che una malattia presenti almeno in parte una patogenesi genetica, è necessario individuare il (i) gene candidato. Questa strategia, in analogia a quanto fatto per altre patologie, è stata diffusamente utilizzata negli anni ’80 e buona parte dei ’90. Sulla base delle conoscenze della fisiopatologia di queste malattie, un gran numero di geni candidati è stato studiato. I dati sin qui ottenuti nelle MICI sono stati assai contradditori e nessun gene è stato con certezza individuato.
Più recentemente, con i notevoli progressi anche metodologici che lo studio del genoma umano ha ottenuto, è stata utilizzata una diversa strategia. Lo studio cioè delle famiglie con due o più soggetti affetti da MICI. In queste famiglie si vanno a ricercare particolari marcatori del DNA denominati microsatelliti e le loro caratteristiche nei soggetti affetti. Con complicati calcoli è possibile studiare l’intero patrimonio genetico e individuare sui vari cromosomi le aree in cui potrebbero essere presenti i geni-malattia. A partire dal primo studio nel 1996, diversi ricercatori in tutto il mondo hanno raccolto grossi numeri di famiglie e individuati alcuni cromosomi candidati. Maggiori conferme sono state ottenute su due aree rispettivamente sul cromosoma 16 (IBD1 per la malattia di Crohn) e sul cromosoma 12 (IBD2 per la Colite Ulcerosa).

Da vari anni il nostro centro è impegnato in questo settore di ricerca. Grazie alla collaborazione determinante del GISC (Gruppo Italiano per lo Studio del Colon e Retto), del GISMII (Gruppo Italiano per lo Studio delle Malattie Infiammatorie Intestinali) e della stessa Associazione AMICI (in particolare la sezione Puglia) sono state raccolte più di 100 famiglie con MICI in tutti Italia. E’ stato estratto il DNA con un semplice prelievo di sangue dei soggetti affetti e dei loro familiari e sono stati studiati numerosi cromosomi (3, 6, 7, 12 e 16). Anche nella popolazione italiana è stata confermata un’area significativa sul cromosoma 16. Gli studi continuano per definire ancora meglio quest’area e ricercare il gene candidato, ed allo stesso tempo per evidenziare altri cromosomi interessati.

CONCLUSIONI

Gli studi di genetica nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino sono ancora molto preliminari. Potenzialmente saranno molto utili per avvicinarsi a spiegare i momenti iniziali che determinano queste malattie e di conseguenza potranno incidere anche nella terapia (forse anche di tipo "genico"). Tuttavia la strada per l’identificazione dei geni responsabili è ancora lunga e difficile. Non vi è indicazione ad eseguire questo studio del DNA se non a scopo di ricerca perché i dati in nostro possesso non ci consentono ancora di prevedere nell’ambito di una famiglia i possibili soggetti a rischio. E d’altra parte solo circa il 10% dei casi si presenta in forma familiare.

Questi studi inoltre stanno fornendo già importanti indicazioni sulle caratteristiche cliniche della malattia. La presenza di alcune combinazioni genetiche possono predire ad es. l’evoluzione più severa o la presenza di manifestazioni extraintestinali.

Infine è nato praticamente un nuovo settore di ricerca che è quello della farmacogenetica. Lo studio di particolari geni ci potrà forse consentire di prevedere la migliore o peggiore risposta alla terapia o il maggior rischio di alcune complicanze della malattia.

Si affaccia all’orizzonte una nuova era che, anche se non in termini brevissimi, potrà consentirci di cambiare la storia naturale di queste malattie. E’ importante al momento non sovrastimare e vagliare con cura l’importanza degli studi di genetica. Va sottolineato ancora una volta che questi studi sono pura ricerca e a volte richiedono diversi anni per essere validati ed avere dei risvolti clinici per tutti i giorni.

LA RICERCA DELLE FAMIGLIE NON È FINITA; È ESTREMAMENTE UTILE CHE GLI OPERATORI SANITARI CHE SEGUONO FAMIGLIE CON PIÙ CASI DI MICI O GLI STESSI PAZIENTI DI QUESTE FAMIGLIE CHE DESIDERINO PARTECIPARE ALLO STUDIO (È SUFFICIENTE UN SEMPLICE PRELIEVO DI SANGUE) CI CONTATTINO. SAPREMO INDICARE IL CENTRO IN ITALIA A LORO PIÙ VICINO CHE COLLABORA CON QUESTO STUDIO E LI TERREMO INFORMATI SUI RISULTATI.

Vito Annese, Angelo Andriulli
Unità Operativa di Gastroenterologia e Laboratorio di Ricerca, Ospedale IRCCS

"Casa Sollievo della Sofferenza", San Giovanni Rotondo
vito.annese@tin.it Fax 0882/411879

Print Friendly, PDF & Email