Intervista all’assessore Sanità Marche

Intervista
all’Assessore alla Sanità
della Regione Marche
Dott. AUGUSTO MELAPPIONI

Qual è la situazione sanitaria nelle Marche?

Nelle Marche la sanità è di buon livello. Va però ottimizzata la rete ospedaliera per concludere il processo di recupero, già profondamente avviato, del ruolo dell’ospedale verso la cura delle malattie in fase acuta e per completare la rete dei servizi territoriali, finalizzati alla prevenzione reale, che incida anche sugli stili di vita.
Sul piano economico, l’impegno sostenuto per mantenere il sistema sanitario regionale è elevato e non possiamo pensare a risorse aggiuntive. Dobbiamo quindi lavorare per trovare energie all’interno del sistema, pensando all’utilizzo dei servizi in termini di ottimizzazione organizzativa e di appropriatezza, per liberare risorse per lo sviluppo dei servizi alternativi e delle tecnologie.
E’ quello che ci proponiamo di ottenere con l’attuazione delle proposte di riordino del sistema sanitario delle Marche.

Si parla di paziente come “cliente”. Crede che i “clienti” marchigiani siano soddisfatti dei servizi offerti loro?

Credo che i marchigiani siano sostanzialmente soddisfatti dei servizi sanitari di cui dispongono. Nel dibattito, anche acceso, di questi mesi, nel quale sono giustamente intervenuti anche tanti cittadini, si è parlato troppo di posti letto e di ospedali e troppo poco dei servizi alternativi al ricovero. Io posso leggere la difesa degli ospedali, come la difesa di qualcosa che negli anni ha funzionato e che è stata apprezzata.
Il modello marchigiano ha fin qui prodotto elevate qualità nell’assistenza sanitaria e nella qualità della vita. Non dimentichiamoci che la speranza di vita media dei marchigiani è tra le più elevate d’Italia e quindi del mondo.
Quel modello per la parte sanitaria però deve essere ora modificato. Credo che, al di là dei problemi e delle contrapposizioni, quella che si profila sia in realtà una grossa opportunità di ristrutturare il sistema sanitario regionale per recuperare efficienza e migliorare l’offerta dei servizi, rendendola più adatta alle mutate esigenze delle comunità.

Quali sono per i malati i tempi di attesa?

Sul problema tempi di attesa occorre fare attenzione.
Se parliamo di “cliente”, dobbiamo riconoscere che la sanità è uno … strano “mercato”. Semplicisticamente, in qualunque mercato è la domanda a determinare l’offerta del bene o del servizio richiesto: in sanità troppo spesso è invece l’offerta a indurre la domanda.
In questo i Medici sia ospedalieri che di famiglia possono svolgere un ruolo fondamentale dentro la logica dell’appropriatezza. Credo anche che un cittadino informato adeguatamente possa dare un valido contributo ad un “consumo” sempre più attento dei servizi sanitari.
In ogni caso i nostri programmi sono finalizzati anche alla riduzione dei tempi di attesa troppo lunghi. A maggior ragione quindi, a fronte di risorse limitate, dobbiamo andare avanti nella riorganizzazione per liberare le risorse che servono.

Si parla di riforma del sistema sanitario regionale. Può illustrarci brevemente il suo progetto di sanità?

Premetto innanzitutto che il progetto è della Giunta, quindi del governo regionale, sul quale dovrà avviarsi entro breve la discussione nella sede istituzionale propria, cioè il Consiglio.
Senza entrare nel merito, la filosofia del piano di riordino si basa sull’accentramento delle funzioni amministrative e di supporto (poco importa ai cittadini dove si fanno gli acquisti o gli stipendi, ad esempio), sul decentramento e sul potenziamento delle funzioni di distretto, sull’eccellenza a livello ospedaliero.
L’azienda sanitaria unica regionale e due aziende ospedaliere possono dare concretezza a questi principi.

Qualità vincente sulla quantità, dunque?

Già oggi la qualità è vincente.
All’interno del cambiamento in atto, si collocano le scelte che riguardano le patologie acute ed anche la funzione degli ospedali, siano essi piccoli o grandi.
Ma, oltre a ciò, dobbiamo guardare con la massima attenzione alla crescente domanda che viene dal settore della postacuzie e della cronicità, ed in particolare da quel grande numero di persone anziane, in particolare di quelle non autosufficienti, spesso sole e senza un reddito adeguato.

L’appropriatezza è, in termini molto semplici, dare quello che è necessario laddove è necessario. Quando parliamo di appropriatezza, in realtà parliamo quindi anche di qualità.

Spesso ai congressi medici si citano percentuali di inappropriatezza nelle cure che vanno dal 30 al 50 %. Le nostre aziende sanitarie stanno lavorando su questo fronte da tempo.
In sanità non sempre la ridondanza è una buona cosa: qualche volta oltre che costosa ed inutile può anche essere dannosa.

Abbiamo sentito spesso parlare di “rete”, di comunicazione tra gli operatori sanitari. Crede sia un obiettivo possibile?

Il lavoro in sanità è per sua stessa natura un lavoro che può essere fatto solo in “rete”. La specializzazione, le tecnologie, l’appropriatezza rendono questo modo di lavorare come l’unico modo efficace.
Tutti gli operatori sanitari ne sono consapevoli.

Crede sia possibile la comunicazione e soprattutto l’integrazione tra Medici di famiglia e Medici specialisti?

Io credo di sì. Già oggi questa integrazione esiste e non potrà che svilupparsi ulteriormente.
D’altra parte, quando accennavo all’inizio al concetto di prendersi cura, pensavo in primo luogo proprio al Medico di famiglia, a colui cioè che ha il compito fondamentale di ricondurre a sintesi tutti gli interventi necessari alla salute della persona, di leggerne i bisogni e le esigenze. Non si tireranno indietro.

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